Il sesso biologico
Perché ci interessa e coinvolge tutte le persone?
Se non conosci le risposte a queste domande sei nel posto giusto!
In questo articolo parleremo di sesso biologico/assegnato alla nascita ma, per iniziare, è bene sapere che esso è solo una parte dell’identità sessuale, un costrutto multidimensionale che fa parte di ognunə di noi e che spiegheremo passo a passo in una serie di articoli.
L’identità sessuale è composta da quattro parti: il sesso biologico, l’identità di genere, il ruolo di genere e l’orientamento sessuale/romantico.
Tra questi, però, il sesso e il genere sono spesso confusi tra loro e raramente ci si interroga approfonditamente su questi.
Nella nostra società le persone vengono categorizzate in base al sesso biologico che, tendenzialmente, viene ritenuto essere maschile o femminile, dimenticandosi così delle persone intersessuali. Questo avviene perché ci si basa su differenze biologiche quali i livelli ormonali, gli organi sessuali interni ed esterni e le capacità riproduttive.
Nonostante ciò, la femminilità e la maschilità non sono solamente definite dall’aspetto fisico e biologico, ma anche da altri elementi estremamente importanti come l’educazione e la cultura; di conseguenza, per definire il femminile o il maschile, è insufficiente prendere in considerazione soltanto l’appartenenza sessuale.
Il sesso biologico, come suggerisce la parola stessa, è un dato biologico che fa parte di ogni persona ben prima della nascita, precisamente dal momento della fecondazione.
Questo è definito dalla combinazione dei cromosomi sessuali, dai caratteri sessuali primari (genitali interni ed esterni) e da quelli secondari (ad esempio la muscolatura, la distribuzione del grasso corporeo e la peluria).
I cromosomi sessuali, X e Y, portano con sé le informazioni sulla determinazione del sesso. Chi viene assegnata dai medici femmina alla nascita (AFaB, assigned female at birth) possiederà perciò due cromosomi X (XX) e chi viene assegnato maschio alla nascita (AMaB, assigned male at birth) un cromosoma X e uno Y (XY). Nonostante ciò, è stato da tempo riconosciuto che non esistono solamente queste due varianti, bensì altre variazioni che vengono racchiuse sotto il termine ombrello “intersessuale”.
I termini “intersessuale” e “intersessualità” fanno infatti riferimento a una grande varietà di condizioni in cui una persona può nascere con variazioni genetiche, gonadiche e/o ormonali. Perciò, una persona intersessuale, avrà caratteri sessuali che non coincidono pienamente con le nozioni binarie legate alla corporeità maschile o femminile a cui siamo abituatз.
Riassumendo possiamo quindi dire che anche se in termini fisiologici e biologici esistono due sessi ritenuti “principali”, è il rapporto con la società e la cultura che gli da un determinato significato. Questo può essere ritrovato nell’ordine di genere che attualmente è presente nella nostra società, imposto e tramandato, che si fonda sull’etero-cisnormatività. Così la dicotomia maschile-femminile viene presentata come naturale e valida, a discapito di tutte le altre possibilità sessuali e identitarie.
Con “etero-cisnormatività” si intende quella convinzione che l’essere eterosessuale e cisgender (quando sesso assegnato alla nascita e identità di genere coincidono) sia lo standard naturale. Questo termine si fonda sul concetto di “eteronormatività” secondo cui l’eterosessualità è l’unico orientamento sessuale possibile per una persona, l’unico accettato e definito come la “norma”. Di conseguenza viene dato per scontato anche un allineamento tra sesso biologico, sessualità, identità di genere e ruoli di genere.
Questa norma di genere è rigidamente binaria e porta con sé molti stereotipi di genere verso chi, non rientrando nel “modello maschile-femminile”, viene esclusə e discriminatə.
Nonostante ciò è molto probabile, se non certo, che la maggior parte delle nostre interazioni quotidiane siano plasmate dal binarismo di genere: infatti, se veniamo a contatto con una persona, la prima cosa che probabilmente noteremo sarà la sua appartenenza sessuale (maschio o femmina) e di conseguenza la congruenza tra le caratteristiche anatomiche e l’idea di maschile e femminile che abbiamo, con cui siamo natз e cresciutз. Questo, di conseguenza, si riverserà anche nel modo in cui ci comporteremo e in cui ci approcceremo con questa persona. Per questo è importante capire che cos’è l’identità sessuale, in modo da iniziare a decostruire i nostri stereotipi.
L’identità di genere
Si dice spesso che il genere è uno spettro, questo perché non esistono solamente un genere “femminile” e uno “maschile” ma, appunto, uno spettro continuo di generi che si colloca tra questi due estremi o al di fuori di esso.
Le identità di genere sono molte e variegate, rappresentano il senso di appartenenza di un individuo a un determinato genere con cui si identifica e grazie al quale si percepisce in uno specifico modo. Alcuni studi hanno dimostrato che gli individui iniziano a percepire sé stessi e ad autodefinirsi in base a una determinata identità di genere nei primi tre anni di vita.
L’identità di genere è a sé stante, non necessariamente è correlata al sesso biologico e non riguarda l’orientamento sessuale.
Il genere non è un’identità stabile, è un fare, una pratica concreta e reiterata dai singoli agenti sociali e dall’ambiente in cui questi sono collocati, non è perciò un’entità già esistente ma anzi un prodotto sociale. Il genere è dinamico, muta in base al periodo storico-culturale in cui ci si trova e possiede perciò una radice sociale e non naturale.
Se l’identità di genere di una persona corrisponde al sesso a cui è stata assegnata alla nascita si dice che questa persona è “cisgender”, ovvero che si identifica come uomo o come donna, ma non tutte le identità di genere rientrano in questo binomio; infatti, le persone che hanno un’identità di genere diversa dal sesso assegnato loro alla nascita, vengono chiamate persone “transgender”.
Nell’articolo precedente sono state citate alcune eccezioni relative al binarismo: riguardo al sesso biologico possiamo infatti notare che, al di là della contrapposizione esistente tra maschio e femmina, si presenta il caso delle persone intersessuali. Questo accade anche per l’identità di genere: oltre la dicotomia uomo/donna è presente tutta la realtà transgender.
Il termine “transgender”, che letteralmente significa “attraverso i generi”, è un termine ombrello che viene utilizzato da persone che hanno un’identità di genere che non corrisponde al proprio sesso biologico e quindi al sesso assegnato loro alla nascita. Spesso viene abbreviato in “trans” e può riferirsi a uno spettro di identità molto ampio che può comprendere ragazzi e uomini transgender, ovvero ragazzi e uomini ai quali è stato assegnato il sesso femminile alla nascita, piuttosto che ragazze e donne transgender, ovvero ragazze e donne alle quali è stato assegnato il sesso maschile alla nascita.
Questo termine indica anche tutte quelle persone la cui identità di genere oscilla tra ciò che viene socialmente definito maschile e ciò che viene definito femminile, che si colloca tra questi due, che si trova al di là dei generi o che è una combinazione di entrambi.
Le persone transgender possono, perciò, essere assegnate maschio alla nascita ma avere un’identità di genere femminile (MtF, “male to female”), oppure possono essere assegnate femmina alla nascita ma avere un’identità di genere maschile (FtM, “female to male”). Queste persone vengono solitamente chiamate “trans binarie” in quanto la loro identità e percezione di genere rispecchia ciò che è il binarismo uomo-donna.
Riguardo a questi ultimi termini, MtF e FtM, possiamo dire che per sottolineare come il sesso biologico sia una categorizzazione che ci viene imposta, sono ritenuti preferibili gli acronimi AMaB o AFaB piuttosto che MtF e FtM (come abbiamo visto nell’ultimo articolo – link?). Questo perché MtF e FtM si rifanno all’essenzialismo biologico trasmettendo una visione binaria dei generi, indicando quello che è il “punto di partenza” e quello che dovrebbe essere il “punto di arrivo” della transizione (da-a). Questi termini sono legati al sesso biologico e portano con sé l’idea di un cambiamento di genere binario. In più, spesso non rappresentano il percorso di vita di molte persone all’interno della comunità transgender.
Il genere binario è, però, considerato limitante per chi non sente di appartenere a uno dei due generi definiti come tradizionali, uomo e donna, per questo si parla di identità di genere non binarie. Non-binary è uno spettro relativo all’identità di genere che ricade sotto il termine ombrello “transgender”. Le persone non-binary, infatti, si identificano con un genere diverso rispetto a quello assegnato loro alla nascita, non riconoscendosi nelle categorie di genere binarie. Le persone non binarie possono non avere un genere ed essere perciò agender o neutrois; identificarsi in due o più generi, come nel caso delle persone bigender o trigender; spostarsi tra i generi o avere un’identità di genere fluida in quanto genderfluid e via dicendo. Le identità di genere non binarie sono molte e varie.
Il ruolo di genere
Il terzo concetto che andremo ad analizzare è, quindi, quello del ruolo di genere.
Il ruolo di genere è determinato dalla cultura, dall’area geografica e dal periodo storico in cui si vive. È, infatti, l’insieme delle norme, delle credenze e delle aspettative socioculturali di come una persona deve apparire e comportarsi sulla base del sesso assegnato alla nascita e che definiscono come le persone devono essere e come si debbano comportare nei vari momenti della vita e in base a determinate occasioni.
Questo aspetto socio culturale è molto importante in quanto il ruolo di genere è l’insieme di quegli atteggiamenti che suggeriscono, alle altre persone, la categorizzazione sessuale di una persona.
I ruoli di genere possono corrispondere alle regole sociali e alle differenze, più o meno marcate, che una società, in un preciso contesto storico, ha individuato come prevalentemente maschili o femminili. Per questo in alcune società sono più polarizzati mentre, in altre, sono più sfumati. Ci si aspetterà quindi che le donne e le ragazze siano docili, dolci, materne e delicate mentre gli uomini e i ragazzi siano virili, forti, decisi.
Non bisogna dimenticarsi, però, che i ruoli di genere hanno anche una componente individuale, variando da persona a persona.
Tutto questo può però essere facilmente ricollegabile agli stereotipi, che riproducono un sistema binario e patriarcale e che molto spesso danneggiano le persone con le loro aspettative socialmente costruite che si limitano a descrivere il femminile e il maschile secondo alcuni standard. Per esempio un ragazzo che piange verrà additato come “femminuccia” portando avanti una serie di pregiudizi obsoleti e dannosi che potrebbero reiterarsi per generazioni e generazioni.
In questo contesto si inserisce anche quella che viene definita “espressione di genere”; essa si sviluppa tra i 2 e i 12 anni ed è il modo in cui si può comunicare la propria identità di genere. Essa può essere conforme o meno ai ruoli che la società in cui si vive prevede per quella persona ed è determinata da elementi come: interessi personali, argomenti di conversazione, atteggiamenti, modi di comportarsi e così via. Per esempio, secondo gli standard binari della nostra società, ci si aspetterà che una ragazza si vesti in un certo modo, si trucchi e si depili definendo quindi un’espressione di genere “femminile”.
L’orientamento sessuale e romantico
Il quarto ed ultimo concetto che andremo quindi ad analizzare, è quello dell’orientamento sessuale/romantico.
A differenza delle altre componenti dell’identità sessuale, l’orientamento sessuale e romantico riguarda l’attrazione emotiva, romantica e/o erotica nei riguardi di altre persone.
Questo è definito tramite le relazioni sociali ed interpersonali quindi non è esclusivamente personale, come invece abbiamo visto nel caso del sesso biologico.
Possiamo distinguere due aspetti dell’orientamento, uno sessuale e uno romantico che non sempre coincidono perché ci si può sentire eroticamente attratti da una persona ma non romanticamente ed emotivamente.
Una persona può perciò essere attratta da persone del sesso/genere opposto, dello stesso sesso/genere, da entrambi/più generi o può presentare la totale/parziale mancanza di una o più di queste attrazioni; di conseguenza si è, rispettivamente, eterosessuali, omosessuali, bisessuali, poli/pansessuali o aromantici/asessuali.
E’ importante sottolineare che l’orientamento sessuale e romantico è una sorta di “continuum” nel senso che ogni persona si può collocare liberamente in esso, definendo la sua personale posizione che può comunque variare nel corso del tempo. Questo continuum è stato proposto da alcunз teoricз quali Alfred Kinsey e Melanie Klein che, suggerendo la creazione di uno spazio tra le due polarità eterosessuale-omosessuale, hanno contestato questa rigida dicotomia. Questз studiosз hanno creato modelli che evidenziano il fatto che un numero consistente di persone si colloca in questa “via di mezzo”.
Tutto questo porta ad affermare che questa dicotomia è limitata, per esempio tramite essa sarebbe pressoché impossibile concettualizzare la sessualità delle persone intersessuali e non-binary o prendere in considerazione i cambiamenti che possono avvenire nel tempo, riguardanti l’identità e il ruolo di genere.
Ci sono diversi approcci e studi che sostengono che le categorie di “omosessuale” ed “eterosessuale” sono prodotte dalla cultura occidentale e, di conseguenza, che sarebbe etnocentrico pensare di poterle trasferire in diversi contesti socioculturali. In questa prospettiva le categorie sono vincolanti proprio perché negano la fluidità e le diverse sfumature.
E’ interessante, in questo contesto, parlare anche delle pratiche sessuali, ovvero con chi si hanno rapporti sessuali, andando oltre il genere con cui ci si identifica e il genere verso cui si è attrattз. A questo proposito vengo usate le espressioni MSM (men who have sex with men) per indicare “uomini che hanno rapporti sessuali con altri uomini” e che non necessariamente sono attratti romanticamente da altri uomini, e WSW (women who have sex with women) per indicare “donne che hanno rapporti sessuali con altre donne” anche qui non necessariamente lesbiche, bisessuali, pansessuali… (Young, Meyer 2005)
Infine andrebbe sottolineato che alcune etichette relative all’orientamento sessuale/romantico, come “eterosesuale/eteroromantico”, “omosessuale/omoromantico”, “lesbica/lesboromantica” e “gay/gayromantico”, possono essere ritenute incompatibili con le identità di genere non binarie in quanto non si focalizzano esclusivamente sulla persona da cui si è attrattз, ma anche sull’identità di genere del soggetto. Per questo alcune persone non binarie si rifiutano di usarle, altre preferiscono utilizzarle in senso non letterale o usarne altre come “androsessuale/androromantico”, ovvero chi prova attrazione verso gli uomini o verso la mascolinità, “ginosessuale/ginoromantico” quando invece si prova attrazione verso le donne o verso la femminilità, o altre terminologie adoperate anche dalle persone cisgender quali “bisessuale/biromantico”, “pansessuale/panromantico”, “asessuale/aromantico”, “demisessuale/demiromantico” …
Fonti:
Batini F. (2011), Comprendere la differenza. Verso una pedagogia dell’identità sessuale, Armando Editore, Roma
Harris J., White V. (2018), A Dictionary of Social Work and Social Care, University Press, Oxford
Ruspini E. (2003), Le identità di genere, Carocci, Roma
Butler J. (2014), Fare e disfare il genere, Mimesis, Milano
Galupoa P. M., Mitchella R. C., Grynkiewicza A. L., Davis K. S. (2014), “Sexual Minority Reflections on the Kinsey Scale and the Klein Sexual Orientation Grid: Conceptualization and Measurement” in Journal of Bisexuality, DOI: 10.1080/15299716.2014.929553
Cavallo, A., Lugli, L., Prearo, M., & Mazzetti, S. (2021). Cose, spiegate bene. Questioni di un certo genere. Iperborea.