Il 2 novembre abbiamo ricordato la giornata mondiale per mettere fine all’impunità per i crimini contro giornalist*. Inoltre, dal 2006 al 2017, secondo l’Unesco, 1010 giornalist* sono stati uccisi. Ad essere ancora più grave si aggiunge il fatto che 9 omicidi su 10 rimangono impuniti. Soprattutto in Turchia.
In generale nel mondo la libertà di stampa (uno dei diritti fondamentali dell’uomo) è fortemente minacciata. Anche dove i/l* giornalist* non rimangono uccis*, subiscono ancora troppe minacce, molestie, arresti, rapimenti, detenzioni arbitrarie o torture. Infatto, un caso esemplare è la Turchia, dove dal 1992 sono stat* uccis* 25 giornalist* e ne sono stat* imprigionat* 47. Secondo i rapporti pubblicati periodicamente dal “Comitato per Proteggere i Giornalisti”, la Turchia è uno dei Paesi peggiori per libertà di stampa e imprigionamento di giornalist*, insieme a Cina ed Egitto.
La situazione in Turchia si è aggravata dopo il fallito colpo di stato del 2016.
In seguito alla vittoria di Erdogan, la repressione verso oppositor* politici e stampa si è intensificata. Infatti, il Comitato riporta che il numero di giornalist* imprigionat* nel 2020 è minore rispetto a quello dell’anno precedente. Ma questo non segnala un miglioramento della soluzione.
Vuol dire che Erdogan è riuscito con successo a silenziare più portali d’informazione e a far tacere o allontanare molti più giornalist*. Infatti, In Turchia perfino alcune delle Istituzioni che dovrebbero tutelare la libertà di stampa sono corrotte, rendendo quello del giornalista un mestiere pericoloso e quasi impossibile.
Vengono soffocate le libertà d’espressione, i diritti umani e così lo stato di diritto.
Sapete in quanti e quali altri Paesi del mondo la libertà di stampa è minacciata?
In meno di trent’anni in Turchia sono stat* uccis* 25 giornalist* e ne sono stat* arestat* 47.
Nell’elenco stilato da Reporter Senza Frontiere, la Turchia è 158 su 180 nell’elenco dei Paesi con la maggiore limitazione della libertà di stampa.
I/l* giornalist* vengono arrestat* o reclus* per presunte “offese” al sultano Erdogan.
A molt* vengono imputate accuse di propaganda terrorista.
Alla detenzione non vengono mai date reali motivazioni. Spesso viene arbitrariamente recriminato di appartenere a organizzazioni terroriste e come prove si usano post social presi dai loro profili.
A luglio è stata proposta una “legge sul controllo dei social media” per controllare i contenuti diffusi su internet dai media indipendenti. Se approvata, sarebbe una grave violazione delle libertà di stampa, opinione ed espressione.
Lo Stato, tramite la polizia, cerca in tutti i modi di rendere difficile il lavoro del reporter: impedisce o nega l’accesso ai processi in tribunale e confisca il materiale (macchine fotografiche, cellulari, pc, videocamere).
A volte i/l* giornalist* vengono allontanat* con la forza dal luogo della notizia che stanno riportando.
L’ultimo caso è avvenuto a settembre di quest’anno, riguarda cinque giornalist*. Barış Pehlivan, Hülya Kılınç, Murat Ağırel, Ferhat Çelik e Aydın Keser sono stat* accusat* di violare le leggi sull’intelligence per aver parlato nei rispettivi canali della morte di un ufficiale dei servizi segreti. Attualmente è in corso il processo.
Un modo indiretto in cui il governo controlla la stampa è il possesso dei media.
Ad esempio nove delle più importanti compagnie televisive turche sono affiliate al governo. Se il governo poi non controlla il mezzo stesso, interviene sui fondi: decide così quanto e come finanziare, togliendo il sostegno economico a quei media che non sono conformi al suo indirizzo politico.
FONTI
https://rsf.org/en/taxonomy/term/145
https://cpj.org/2019/12/turkey-reporting-police-harassed-detained-challenge/