Qualche giorno fa la statua di Indro Montanelli è stata ricoperta di vernice, e alla base sono stati aggiunti gli epiteti “razzista” e “stupratore”.
Era già successo. Alcune attiviste di Non una di meno l’avevano ricoperta di vernice rosa lavabile, e già al tempo si era gridato allo scandalo.
Tutto è nato da una richiesta de I Sentinelli di Milano in cui si chiedeva di valutare l’ipotesi di rimozione della statua e di intitolare i Giardini Pubblici a una personalità che riflettesse i valori antirazzisti e antifascisti della Costituzione, in accordo anche con i principi del movimento #blacklivesmatter.
Indro Montanelli è un uomo che tutt’oggi provoca reazioni contrastanti, e questo perché, oltre ad essere stato un giornalista italiano, fondatore de “Il Giornale” e collaboratore per varie testate, è ricordato anche per essere stato un uomo che aveva aderito ai principi fascisti e che durante la sua esperienza in Abissinia nel 1936 aveva legalmente comprato Destà, una bambina di 12 anni.
Destà era stata sottoposta alla pratica dell’ infibulazione.
Le violenze che furono perpetrate sulla bambina, acquistata seguendo quella che era la pratica del “madamato“, sono da lui stesso raccontate in diverse interviste in cui è egli stesso a narrare di come fosse stato necessario “per demolirla, il brutale intervento della madre di lei”.
Fino al 2000, Montanelli ha rivendicato le sue decisioni con fermezza, sia in tv che su carta.
In una intervista del 1972 con Elvira Banotti, l’uomo risponde alle accuse di stupro evidenziando come il fatto di aver sposato una bambina fosse legale, e che le bambine a 12 anni “erano già donne”.
In questi giorni sono state sollevate alcune questioni che riportiamo per provare a restituire la complessità di ciò che si cela dietro certe affermazioni.
“È necessario separare l’uomo dal giornalista, erano altri tempi”.
Il problema è che non si può.
La complessità umana è proprio questa: Montanelli era un giornalista, uno stupratore, un pedofilo e un razzista.
Nessuno si permetterebbe di bruciare i giornali su cui Montanelli ha scritto, ma non vedere tutto questo significa non riuscire a problematizzare la complessità delle scelte umane.
Il fatto che fossero altri tempi non cambia niente se non riusciamo a vedere il problema.
“Eh ma allora buttiamo giù il Colosseo”.
Anche qui, è necessaria una distinzione.
Il Colosseo è una struttura architettonica, la statua è un memoriale ad un uomo.
Nessuno infatti si sogna di buttare giù l’architettura fascista, mentre i monumenti a Stalin e Hitler non si vedono. Inoltre, quando si parla del Colosseo, quasi immediatamente ci vengono in mente i macabri giochi in cui gli schiavi venivano fatti combattere con i leoni.
Questo perché quella parte della Storia è stata studiata, osservata, problematizzata e ne si sono comprese le diverse sfaccettature.
Questo non è avvenuto, ancora, per il colonialismo italiano, che viene narrato solo attraverso imprese di guerra, dal punto di vista degli oppressori.
Il vero problema è non riuscire a problematizzare. Dire “era un grande giornalista” minimizza la responsabilità di Montanelli e della società attuale.
Come dice Carolina Capria,
“il patriarcato non è l’uomo che stupra, è la società che lo difende”.
Il punto è che mettere in discussione la presenza della statua porta ad una questione più ampia, ovvero mettere in discussione un uomo potente. È necessario mettere in discussione i ruoli di potere e chi detiene il potere.
Se Montanelli ha ancora questa capacità di polarizzare l’opinione pubblica, significa che il potere che detiene è più che mai attuale.
Forse non dovrebbero essere le leggi e le usanze a guidare i nostri comportamenti, ma la morale.
Fonti
@isentinellidimilano
@tlon.it
“La stanza di Montanelli – Quando andai a nozze con Destà”
“Montanelli e la moglie dodicenne” – video youtube
www.Tgcom24.mediaset.it -“Milano, imbrattata la statua dedicata a Indro Montanelli”