La seconda ondata del femminismo è composta da donne, soprattutto studentesse, che si chiesero come mai, nonostante il riconoscimento dei diritti avvenuti negli anni precedenti, permanesse una chiara condizione di disparità tra il genere maschile e quello femminile. Il quale non consentiva un’uguaglianza di genere.
Le donne provarono a diventare parte attiva dei movimenti studenteschi e dei lavoratori, chiedendo di inserire la “questione femminile” all’interno delle agende di lotta, ma questo non avvenne mai.
Nonostante molti obiettivi fossero comuni, le donne rimasero ai margini dei movimenti e della società in generale, lontane dall’uguaglianza di genere.
Questo portò una parte del femminismo di quegli anni a domandarsi come mai permanessero queste problematiche, visto che si era lottato per il raggiungimento dell’uguaglianza nei diritti fino a quel momento.
Per le nuove femministe era necessario cominciare da zero
Non è possibile raggiungere un reale cambiamento basandosi su delle ideologie già esistenti, prodotto della cultura e supremazia maschile.
Veniva percepito come necessario un cambio radicale di prospettiva.
La creazione di una cultura, di un linguaggio e di un modo di intendere i diritti (ma anche tutti gli altri aspetti della vita) che prendessero in considerazione una pluralità di punti di vista, non solo quello maschile.
La teoria della differenza sessuale è stata molto importante anche nel femminismo italiano, e il femminismo attuale porta le tracce di questo pensiero.
Questa filosofia è applicabile non solo al femminismo, ma a tutte le categorie di persone oppresse dalla società, avendo come obiettivo la possibilità per tutt* di vivere nel migliore dei modi, nel rispetto delle proprie caratteristiche.
Lottare per l’uguaglianza è davvero la soluzione migliore per la fine delle oppressioni?
Secondo la teoria della differenza sessuale del femminismo, NO. Non è l’uguaglianza la soluzione
Virginia Woolf, Simone de Beauvoir, Luce Irigaray e altre autrici hanno messo in luce la sostanziale contraddizione tra eguaglianza formale e disuguaglianza reale.
Nonostante sulla carta le donne avessero praticamente gli stessi diritti degli uomini, in pratica la situazione era molto diversa (e tutt’ora lo è).
Secondo queste pensatrici, essere cresciut* in una cultura patriarcale dove tutta la storia, la cultura (compreso il linguaggio) prendono in considerazione soltanto la visione maschile, porta all’impossibilità del raggiungimento di una parità sostanziale.
Questo perché essa può essere discussa solo all’interno di un sistema che non tiene in considerazione le diverse prospettive, in particolare quella femminile.
Secondo de Beauvoir, la donna è sempre stata considerata (e si è sempre considerata) “l’Altro”, il “secondo sesso”.
Nonostante i diritti acquisiti, questo status di subordinazione al genere maschile permaneva.
Facendo un parallelismo ai tempi nostri, possiamo notare come questa mentalità sia ancora presente.
Basti considerare come i test medici e di sicurezza vengano tutt’ora sperimentati quasi esclusivamente sugli uomini.
Se l’uguaglianza porta ad un appiattimento della complessità, cosa si può fare?
Secondo la teoria della differenza sessuale è necessario valorizzare la differenza. Questa non deve essere vista come qualcosa di problematico, ma qualcosa che arricchisce e permette di avere una pluralità di punti di vista.
Questa filosofia, che all’epoca è stata applicata soprattutto alla questione femminile, può diventare la base per un’idea più intersezionale della costruzione e del ripensamento dei diritti, formali e non.
Per portare ad un cambiamento sociale effettivo è necessaria la presenza di una pluralità di sguardi. Il linguaggio e la cultura, quindi, devono costruiti da tanti soggetti diversi e non da “Altri”.
FONTI
“Le filosofie femministe” Adriana Cavarero, Franco Restaino
“Il pensiero della differenza sessuale” Istituto Italiano Edizioni Atlas
“Invisibili” Caroline Criado Perez