In questi giorni si sono diffusi sul web diverse immagini che avevano come soggetto il Ministro degli Affari Esteri Luigi Di Maio, o meglio la sua faccia abbronzata, photoshoppata sui corpi di persone nere (tra cui migranti sui barconi), utilizzate a scopo di riso.
Si potrebbe aprire una discussione (senza risultati) per analizzare le ragioni per cui ancora oggi i corpi neri e la pelle nera sono motivo di scherno, sul perché questa comicità anni ‘60 difficilmente venga messa in discussione nel contesto sociale attuale, di come a ridere di ciò sono quasi sempre persone non nere, ma ci limiteremo ad esaminare l’aspetto più grave della situazione: l’inadeguatezza di uno dei più alti rappresentanti di uno Stato europeo a occuparsi in maniera opportuna di un tema (la questione razziale) oggi di rilevanza internazionale.
Il Ministro infatti, invece di condannare ciò che, in via definitiva, è stato un vero e proprio blackface operato da terzi mediante la sua fotografia – ricordiamo che il blackface consiste nell’utilizzare o indossare i corpi neri allo scopo di ridicolizzare – ha deciso di condividerlo con umorismo eufemistico in un tentativo di autoironia.
Questo e le parole del suo portavoce intervistato dal New York Times, che possono essere riassunte con «L’Italia è diversa dall’America”, sottolineano la poca sensibilità e cognizione di quello che sta accadendo negli Stati Uniti e nel mondo, soprattutto in questi giorni.
Le manifestazioni che si protraggono ormai da mesi e che hanno avuto luogo in diverse città d’Europa, tra cui quelle italiane, avrebbe dovuto essere un’occasione per riflettere in modo più profondo sulla decolonizzazione culturale del razzismo. Tutto ciò che ne abbiamo ricavato è, invece, l’inadeguatezza a ricoprire il ruolo istituzionale che gli è affidato. Una reazione del genere è solo una conseguenza dell’ignoranza e del menefreghismo che c’è in Italia riguardo alla sua parte di popolazione nera.
Se il problema in America è un sistema che ha origine nell’oppressione, si è sviluppato nell’oppressione e ha operato grazie all’oppressione, in Italia il veicolo primo della discriminazione rimane l’ignoranza, frutto di una mancanza di ascolto alle minoranze, che traduce l’assenza di un reale interesse alle problematiche delle stesse e si concretizza in un rifiuto di mettere in discussione i propri preconcetti, accettare le critiche de* dirett* interessat* e prendere una posizione attiva nelle dinamiche che li coinvolgono.
Il problema in Italia non è tanto il razzismo sfacciato, quello violento, lampante, che pure c’è e si manifesta seppure in forme diverse rispetto a quello oltreoceano. Il problema maggiore, in Italia, è una mentalità razzista latente, ma radicata, di un paese che non ha alcuna nozione di studi coloniali, figuriamoci di decolonizzazione.
Laetitia Marshall