Si intitola “Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e altre disposizioni in materia di tutela delle vittime di violenza domestica e di genere”: è la legge n. 69 del 19 luglio 2019, meglio nota come “Codice Rosso” volta a rafforzare la tutela delle vittime dei reati di cui sopra, inasprendone la repressione.
21 articoli, che individuano un catalogo di reati attraverso i quali si esercita la violenza domestica e di genere atti a velocizzare l’instaurazione del procedimento penale e, conseguentemente, all’accelerazione dell’eventuale adozione di provvedimenti di protezione delle vittime.
A fronte di notizie di reato si prevede che la Polizia Giudiziaria, acquisita la notizia, riferisca immediatamente al/ alla Pubblic* Minister*, anche in forma orale. Alla comunicazione orale seguirà senza ritardo quella scritta.
Il/la P.M, entro 3 giorni dall’iscrizione della notizia di reato, assumerà informazioni dalla persona offesa o da chi ha denunciato i fatti di reato. Il termine potrà essere prorogato solo in presenza di imprescindibili esigenze di tutela di minori o della riservatezza delle indagini, anche nell’interesse della persona offesa.
La P.G. procederà senza ritardo al compimento degli atti di indagine delegati dal PM e, sempre senza ritardo, metterà a disposizione del/ della PM la documentazione delle attività svolte.
Per la magistratura è un deciso passo in avanti per la tutela delle vittime di violenza ma alcuni, pur apprezzando l’intenzione, sottolineano le difficoltà pratiche di quanto previsto da alcuni articoli.
Tra i punti deboli vi è l’art. 2 relativo ai 3 giorni entro cui il/la P.M deve assumere informazioni, una tempistica questa da molti definita “impossibile”. Il numero di notifiche di reati a cui si applica questa legge è enorme, la sfida più grande è individuare le situazioni più gravi. Come si ovvia, allora, a questa “impossibilità pratica”?
Bisogna riflettere anche in relazione all’art. 5: la specializzazione della polizia giudiziaria. Per i/le magistrat*, infatti, esiste una specializzazione, specializzazione che, al contrario, non è prevista per le forze dell’ordine. Occorrerà quindi intervenire?
Tra le novità del codice Rosso vi è l’introduzione di 4 nuove figure di reato.
- Art. 612-ter c.p.: delitto di diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti senza il consenso delle persone rappresentate, noto come “Revenge porn”, reclusione da uno a sei anni e con la multa da euro 5.000 a euro 15.000, per colui che, dopo averli realizzati o sottratti, invia, consegna, cede, pubblica o diffonde, senza l’espresso consenso delle persone interessate, immagini o video sessualmente espliciti, destinati a rimanere privati.
- Art. 583-quinquies c.p.: delitto di deformazione dell’aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso, punito con la reclusione da 8 a 14 anni. Quando dalla commissione di tale delitto consegua l’omicidio si prevede la pena dell’ergastolo.
- Art. 558 bis c.p.: reato di costrizione o induzione al matrimonio punisce colui che con violenza o minaccia costringe una persona a contrarre matrimonio o unione civile è punito con la reclusione da 1 a 5 anni.
- Art 387 bis c.p.: Violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa punita con la detenzione da 6 mesi a 3 anni.
ASPETTI CRITICI
Grandi e gravi aspetti di criticità si manifestano in ordine alla tutela del soggetto denunciante. Cosa succede alla vittima durante i 3 giorni trascorsi nell’attesa di essere ascoltat*? Che prezzo paga la vittima per la sua denunzia? E soprattutto cosa succede dopo la denuncia?
La legge, così come è stata pensata, non riesce, nella sua applicazione pratica a tutelare, realmente, le vittime di violenza. L’arco temporale che si sviluppa dal momento in cui si realizza la fattispecie configurante il reato e quello in cui la vittima viene ascoltata finisce con il divenire il tempo ed il luogo in cui altre, e a volte ben più gravi, violenze vengono perpetrate e/o continuate. La vittima convive in molti casi con l’autore della violenza ed è condannata pertanto a minacce che potrebbero mettere a rischio la bontà delle importantissime informazioni che il/ la P.M è tenut* ad assumere, oltre che la vita della vittima stessa.