Il gioco è uno dei principali e più importanti sistemi di apprendimento e di sviluppo di competenze di cui l’umanità può fare esperienza.
Secondo lo psicoanalista Donald Winnicott, è
“un’esperienza creativa e la capacità di giocare in maniera creativa permette al soggetto di esprimere l’intero potenziale della propria personalità”
Mentre si gioca si sperimentano e potenziano abilità e competenze molto specifiche ed importanti,. Nel gioco con le bambole ad esempio ciò che si sta sperimentando in maniera piacevole e libera è la capacità della cura e di imitazione. Questo avviene ad esempio nel caso in cui si gioca a fare finta di esserne il genitore oppure quando si utilizzano le bambole per sviluppare storie dove viene dato libero sfogo alla creatività.
Attenzione, responsabilità, cura, creatività, immaginazione non sono competenze maschili o femminili.
Ciò che rende un gioco di un genere rispetto ad un altro è la costruzione che una determinata cultura ha rispetto ai ruoli di genere.
Non è scontato quindi scoprire che un gioco sia “da maschio” o “da femmina” a seconda della provenienza geografica. Ancora, può accadere che, andando a curiosare nel passato, si sia modificato nel tempo.
Questo perché i concetti maschile/femminile sono collegati più a ciò che la società si aspetta da un determinato genere che ha delle specifiche motivazioni biologiche/genetiche.
Riguardo alla spontanea scelta del gioco ci sono ormai numerosi libri e studi che approfondiscono il tema. Essi evidenziano quanto i/le bambin* siano condizionat* in questo dalle aspettative genitoriali o sociali.
Quando arriva la notizia di una nuova nascita inizia ad essere costruito intorno ad essa un ambiente in realtà molto condizionato da ciò che culturalmente ci si aspetta in base al sesso. Colori e decorazioni della stanza, indumenti, giochi etc non sono mai neutri ma portano un pesante bagaglio fatto di aspettative e regole legate ai ruoli di genere. Questo già ad una età in cui la percezione di sé e di cosa sia maschile/femminile non è ancora minimamente raggiunta.
Quante sono le esperienze, anche personali, di situazioni in cui ci si è sentito dire da piccol* : “non va bene, a te dovrebbe piacere questo”, con la conseguenza di una sofferenza emotiva?
Questa settimana ha fatto il giro del web il video di un’accesa discussione svoltasi in diretta su Radio Capital tra la scrittrice Michela Murgia e lo psichiatra Raffaele Morelli in merito ad alcune dichiarazioni fatte dall’uomo sulle donne e il concetto di femminilità.
Lo scontro è diventato famoso soprattutto per la grossa caduta di stile avuta da Morelli che, incalzato dalle domande di Murgia, ha alzato i toni, terminando bruscamente il collegamento telefonico con la trasmissione dopo aver urlato
“zitta e ascolta!”
In molt* hanno già scritto su questa discussione. A noi interessa approfondire in questo spazio un concetto che lo psichiatra ha cercato di portare come dato “di fatto” a favore delle sue tesi: la naturale propensione delle femmine a certe caratteristiche comportamentali che si evincono dal gioco con le bambole.
Uno degli errori più comuni è confondere quella che è l’espressione di genere (ciò che mostro di me e dei miei interessi con il mio comportamento e con la mia estetica) con l’identità di genere (come mi percepisco) o l’orientamento sessuale.
Offrire durante tutta l’età dello sviluppo infantile una proposta di giochi e attività ampia e variegata permetterà a* bambin* di sviluppare maggiori competenze, costruire una consapevolezza di quali siano i personali interessi e talenti. Ciò permette di porre le basi per una crescita più organica della propria identità superando stereotipi e tabù.
N.B. L’utilizzo dell’asterisco nel testo è l’espediente per declinare i termini in modo egualitario fra i sessi.
FONTI:
“Dalla parte delle bambine” Elena Gianini Belotti. Feltrinelli
“Ancora dalla parte delle bambine” Loredana Lipperini, Feltrinelli
“Gabbie di genere. Retaggi sessisti e scelte formative” Irene Biemmi, Silvia Leonelli. Rosenberg&Sellier