La masturbazione non è un surrogato del sesso, un comportamento immaturo o un esercizio di allenamento.
Ha finalità differenti anche se sempre inserite nella vita sessuale della persona.
La masturbazione è presente sin dai primi anni di vita dei maschi e delle femmine. E’ collegata alla relazione con il proprio corpo e con il piacere che va oltre i soli genitali e la finalità riproduttiva.
I numerosi benefici dell’autoerotismo infatti si collegano al più ampio concetto di salute sessuale. Per questo motivo la pratica masturbatoria non è un meno ma un diverso dal sesso con l’altr*.
Queste due pratiche coesistendo possono beneficiare una dell’altra andando a contribuire all’aumento dell’autostima erotica (Sé sessuale).
Da dove proviene la percezione che la masturbazione abbia meno valore del sesso?
Possiamo far risalire le origini del nostro disagio culturale nei confronti della masturbazione al 1700.
In questo secolo la masturbazione nella sua concezione moderna ha visto la luce
Rousseau definiva la masturbazione un “pericoloso surrogato che inganna la natura”, ed è sempre di quegli anni la pubblicazione di diversi testi che hanno messo le basi ai numerosi falsi miti correlati a questa pratica dove venivano descritti numerosi effetti collaterali legati alla masturbazione.
Il Settecento è un punto di svolta cruciale nella storia della sessualità umana, un momento in cui prendono forma nuove attitudini e nuovi comportamenti.
In questa cornice, come ha messo a nudo Foucault, la sessualità diventa oggetto di operazioni politiche e di interventi economici attraverso incitazioni e freni alla procreazione.
E’ durante questo periodo storico che viene fondata la concezione di due sessi distinti e opposti, stabilendo le basi per gli stereotipi di genere di cui facciamo ancora fatica a liberarci.
Prima di allora, le donne erano considerate (seguendo un concetto religioso) come soggetti altamente sessuali, lascive e facilmente corruttibili. Al contrario degli uomini, che invece non erano dominati da istinti e impulsi sessuali.
Nel Settecento i ruoli vengono ribaltati.
Le donne sono elevate a creature asessuali. Agli uomini vengono attribuiti istinti sessuali difficili da contenere (aprendo la strada a quella retorica che assolve la violenza maschile, in quanto frutto di una natura erotica dirompente e incontrollabile).
Questa nuova dialettica maschile/femminile, attivo/passivo ha cambiato profondamente le pratiche sessuali, portando a una nuova definizione di sesso come pratica eterosessuale e penetrativa.
Più avanti, nei primi del ‘900, Freud stabilì i termini della sessualità femminile, specificando l’opposizione tra una sessualità clitoridea e una vaginale come forme rispettivamente immature e mature dello sviluppo sessuale della donna.
Nel suo terzo saggio “Le trasformazioni della pubertà”, definì lo sviluppo normale dell’individuo come un passaggio dall’autoerotismo alla pulsione sessuale che trova il suo oggetto non più nel proprio corpo e che riunisce le singole pulsioni parziali sotto il primato genitale.
La masturbazione, in questo nuovo quadro, si configura come la conseguenza di uno sviluppo interrotto e di una nevrosi.
Solo negli anni Cinquanta, a partire dallo studio di Kinsey sulla sessualità umana, la masturbazione si è dissociata da disturbi fisici o mentali e riconsegnata a una fisiologica ricerca del piacere.
Riflettendoci, quanto la nostra concezione moderna della masturbazione risente ancora di questo scomodo e ingombrante passato?
FONTE:
www.indiscreto.org .Carla Fronteddu (docente di studi di genere a Syracuse University e CEA)
“Storia della sessualità” Michel Foucault. Feltrinelli editore