Al momento stai visualizzando Internet addictions: come il cervello reagisce ai social media

Internet addictions: come il cervello reagisce ai social media

Ad oggi, 2020, Internet è diventato un elemento pervasivo a livello globale e fa parte della nostra quotidianità, grazie ai benefit che offre (es: accessibilità e condivisione a un numero illimitato di informazioni e/o prodotti).

I lati postivi dell’uso internet possono, però, contribuire a sviluppare ciò che le/gli espert* chiamano “Problematico Uso di Internet”. 

Questo termine è ampio nell’incorporare diversi tipi di comportamento ripetitivi e disfunzionali che vedo Internet come protagonista. Più specificamente, negli ultimi anni la comunità scientifica ha individuato comportamenti problematici ed eccessivi nell’uso compulsivo di video games, gambling, shopping, pornografia, cyberchondria, cyber-bullying, streaming and socia network. 

E’ importante specificare che l’uso di Internet per tali scopi non è maladattivo di per sé, ma lo diventa quando il comportamento non è più controllato e occupa gran parte della vita della persona, intaccando funzionalità e produttività di una o più sfere della vita quotidiana.

Già nel 2014 l’Organizzazione Mondiale della Salute ha definito l’uso problematico di internet un problema di salute pubblica e sociale, riconoscendo come tale uso è trasversale a tutte le età e dannoso per la salute mentale. 

Concentrandoci sul social media, il fenomeno è ancora più attuale e presente: controllare e scorrere i post o le storie sono atti quotidiani per molti.

Per alcuni, tale comportamento ha assunto una forma eccessiva e compulsiva, creando una vera e propria dipendenza da social media: alta preoccupazione e attenzione al/ai social media , bisogno incontrollato di usare e/o controllare il/i social media, devozione di energie e tempo verso i social media tali da togliere spazio ad altre parti importanti della vita. 

Inoltre, la dipendenza da social media attiva le stesse aree cerebrali del piacere che sono attivate quando si assume una sostanza che crea dipendenza.

La dipendenza da social media si presente con le stesse manifestazioni fisiche e psicologiche delle dipendenze da sostanze:

  • Modificazione del tono dell’umore (es: stare sui socials in maniera attiva cambia positivamente lo stato emotivo)
  • Salienza (rilevanza dei socials a livello comportamentale, cognitivo ed emozionale)
  • Tolleranza (l’uso dei social aumenta con il tempo)
  • Astinenza (es: sensazioni fisiche ed emotive spiacevoli di ansia quando l’uso dei socials è impossibilitato o diminuito)
  • Conflitto (l’uso dei socials causa problemi interpersonali)
  • Ricaduta (ricomparsa di comportamenti di dipendenza dopo che l’individuo è stato in un periodo di astinenza da socials)

Il cervello risponde alla dipendenza da social media utilizzando le stesse aree deputate al rinforzo e alla gratificazione, il cosiddetto circuito cerebrale del piacere

Molti studi hanno rivelato che quando una persona condivide qualcosa di personale sui social media (self-disclosure), o ricevere notifiche da altri utenti, attiva le stesse parti del cervello che si azionano nell’assumere assume una sostanza che crea dipendenza.  

Tali aree funzionano grazie alla preziosa collaborazione di un messaggero chimico molto famoso e importante per il nostro piacere: la dopamina.

Quando succede qualcosa di gratificante, i neuroni delle aree del piacere che producono dopamina si attivano, producendo un rinforzo positivo nel cervello che ricollegherà tale comportamento e/o sostanza a una gratificazione positiva. 

Questo è osservabile nell’utilizzo dei social media: quando un individuo riceve una notifica, il cervello riceve un’ondata di dopamina e la invia lungo le aree deputate alla ricompensa, facendogli provare una sensazione di piacere

I social media forniscono una quantità infinita di ricompense immediate sotto forma di attenzione da parte degli altri per uno sforzo relativamente minimo. Pertanto, il cervello si ricollega attraverso questo rinforzo positivo, facendo sì che le persone desiderino il “like”, il “retweet” e le visualizzazioni. 

FONTI

Fineberg, N. A., Demetrovics, Z., Stein, D. J., Ioannidis, K., Potenza, M. N., Grünblatt, E., … & Grant, J. E. (2018). Manifesto for a European research network into Problematic Usage of the Internet. European Neuropsychopharmacology28(11), 1232-1246.

World Health Organization. (2015). Public health implications of excessive use of the internet, computers, smartphones and similar electronic devices: Meeting report, Main Meeting Hall, Foundation for Promotion of Cancer Research, National Cancer Research Centre, Tokyo, Japan, 27-29 August 2014. World Health Organization.

Ioannidis, K., Treder, M. S., Chamberlain, S. R., Kiraly, F., Redden, S. A., Stein, D. J., … & Grant, J. E. (2018). Problematic internet use as an age-related multifaceted problem: Evidence from a two-site survey. Addictive behaviors81, 157-166.

Tamir, D. I., & Mitchell, J. P. (2012). Disclosing information about the self is intrinsically rewarding. Proceedings of the National Academy of Sciences109(21), 8038-8043.

Meshi, D., Tamir, D. I., & Heekeren, H. R. (2015). The emerging neuroscience of social media. Trends in cognitive sciences19(12), 771-782.

Sherman, L. E., Hernandez, L. M., Greenfield, P. M., & Dapretto, M. (2018). What the brain ‘Likes’: neural correlates of providing feedback on social media. Social cognitive and affective neuroscience13(7), 699-707.

Autore

Lascia un commento