L’espressione “fuga di cervelli” indica l’emigrazione verso altri paesi di laureat* o persone ad alta formazione professionale formate in madrepatria. Questo fenomeno può sembrare ormai naturale: quante volte ci capita di sentire di ragazz* italian* che vanno a cercare lavoro in Europa o addirittura negli Stati Uniti? Ad andarsene però, spesso sono proprio giovani ad alto potenziale, con qualifiche accademiche elevate, per nulla valorizzati in patria, ma apprezzati all’estero. Sono individui specializzat* in tutti i settori che provengono da tutta Italia.
Se ci soffermiamo a pensarci il problema è evidente: lo Stato italiano spende soldi nell’istruzione ed investe su* giovani per poi vederli scappare via dall’Italia e portare il loro potenziale in altri paesi. È quindi una grave perdita anche economica per il nostro paese.
Ma quanti sono esattamente questi cervelli in fuga? Difficile da stabilire con esattezza. I dati Istat dicono che nel 2018 sono partit* 117mila italian* di cui 30 mila laureat*. Il quotidiano Espresso però, afferma che il fenomeno potrebbe essere di molto maggiore rispetto a quanto stimato dall’Istat: infatti nel 2017, per i 36 paesi Ocse (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico), l’Aire (Anagrafe Italiani Residenti all’Estero) ha registrato 76mila partenze, mentre i paesi di arrivo hanno registrato 146mila italiani. Quindi, seguendo questa logica, i/le giovani laureat* partit* nel 2018 sono almeno 60mila, e quell* partit* tra il 2013-2018 sono 200 mila al netto degli arrivi. Sono numeri di una portata pazzesca.
Per la maggior parte quest* italian* che ora risiedono all’estero sono giovani tra i 18 ed i 24 anni, laureat*. I dati parlano chiaro: l’Italia è un Paese dove i/le giovani non si sentono valorizzat* come risorsa. Sono giovani che non hanno paura del cambiamento e hanno voglia di innovare: persone che in patria aiuterebbero a far crescere il paese.
D’altra parte, i/le giovani laureand* e laureat* come fanno a sentirsi aiutat* e apprezzat* in un paese che dal 2013 al 2016 ha tagliato i fondi per la ricerca universitaria del 21%? Se si guardano i numeri dei tagli generali all’istruzione la cosa si fa ancora più tragica: dieci miliardi di tagli al bilancio di scuola e università tra il 2008 e il 2012. Otto miliardi e cinquecento milioni di tagli alla scuola (il 10,4% del budget complessivo) e 1,3 miliardi di euro all’università (su un totale di 7,4 miliardi nel 2007, 9,2%), per la precisione.
Non è tutto perduto: se si ricominciasse ad investire su* giovani, probabilmente le cose migliorerebbero. La politica a volte tende a dimenticare che i/le giovani di oggi sono gli/le adult* di domani: futur* manager, imprenditor*, medici, avvocat*, politic*, designer, scrittor*, attor* e molto altro. Il futuro Mark Zuckemberg o Jeff Bezos potrebbe essere tra di noi, se solo non scappasse via dal paese.
FONTI: