Scopri perché è un terreno di scontro da anni e cosa c’entra l’UE
Le spiagge che frequentiamo d’estate, tutte, appartengono allo Stato, che non può venderle. Ma allora, a che titolo da nord a sud ci sono tutti questi stabilimenti balneari?
In effetti, lo Stato non può vendere le sue spiagge, ma può dare ai privati una concessione balneare per far stabilire lì la loro attività imprenditoriale. Il meccanismo è vagamente simile all’affitto di un appartamento: c’è un soggetto (che in questo caso è lo Stato o un suo organo) che permette a qualcunə, a fronte del pagamento di un canone, di disporre della spiaggia per un certo periodo di tempo.
È proprio su questo periodo di tempo che negli ultimi anni sono nate tensioni politiche e dibattiti accesi. Nella realtà, le concessioni balneari in Italia sono state spesso prorogate di periodo in periodo, di fatto impedendo che queste vengano assegnate a seguito di una gara pubblica.
Essendo, dunque, una questione di libera concorrenza (che è un principio importantissimo di regolazione dell’economia di mercato, anche europeo), l’UE è intervenuta con una Direttiva del 2006 (c.d. Direttiva Bolkestein), che ha previsto, tra altre cose, l’obbligo di affidare le concessioni secondo una procedura concorrenziale trasparente ed imparziale.
La questione non è banale. Ancora una volta, la difficoltà di fondo è quella del bilanciamento di interessi contrapposti, tra cui, in particolare:
- Interessi economici: il giro d’affari ufficiale che ruota solo intorno alle concessioni balneari supera i 2 miliardi di euro l’anno;
- Tutela dei consumatori: favorire la concorrenza stimola le imprese a migliorare la qualità dei prodotti e dei servizi offerti, a ridurre i prezzi e a innovare;
- Diritto all’accesso pubblico alle spiagge;
- Tutela ambientale: lз titolari delle concessioni hanno anche un importante compito di tutela del patrimonio ambientale.
Per fare uno dei tanti esempi di questo difficile bilanciamento, mettere a gara le concessioni balneari potrebbe significare:
- da un lato condividere una importante fetta del mercato italiano con privati e imprese estere, che magari oggi beneficerebbero degli (spesso significativi) investimenti già portati avanti daз attuali titolari delle concessioni nel corso degli anni,
- e da altro lato stimolare la concorrenza e quindi favorire un aumento della qualità dei servizi offerti aз consumatorз, con un possibile ritorno di immagine e di investimenti per l’Italia del turismo.
Consapevoli di queste difficoltà, i governi italiani succedutisi negli anni, anche di differente colore politico, hanno ripetutamente tentato di eludere o disattendere la normativa UE.
Tanto per fare un esempio recente, particolarmente simpatico:
- Uno degli elementi da considerare perché la Direttiva europea Bolkestein si debba applicare è la scarsità delle spiagge disponibili. La normativa, comunque, non specifica esattamente ed univocamente i criteri di calcolo di tale scarsità;
- dal canto suo, il team di tecnici nominato dal governo Meloni, tra le altre cose, per questo calcolo ha fatto emergere che solo il 33% delle spiagge italiane sono “occupate” da concessioni balneari, e quindi la direttiva Bolkestein non si dovrebbe applicare;
- peccato, però, che la Commissione UE abbia fatto sommessamente notare che questo calcolo è stato condotto considerando come superfici “disponibili” anche aree marine protette, aree non accessibili, aree industriali, etc. E in effetti, gli studi di Legambiente, ad esempio, già fanno emergere dati differenti (per cui il 42,8% di coste basse italiane sono già “occupate”, con picchi in alcune regioni/località del 70 e del 90%).
La tematica, insomma, è più che mai viva. Tra i più recenti interventi sul tema, va inoltre ricordato che:
- solo il mese scorso, la Commissione UE ha ribadito che i ritardi nell’attuazione di procedure di aggiudicazione trasparenti e competitive per tali concessioni, così come la loro mancanza di redditività per le autorità pubbliche, rimangono motivo di preoccupazione;
- poco prima, il Consiglio di Stato italiano, che è il massimo organo di giustizia amministrativa, aveva anche rammentato che ogni legge italiana che ha disposto o disporrà la proroga automatica delle concessioni balneari va disapplicata per contrasto con la normativa europea. Sostanzialmente, lз giudici hanno imposto l’assegnazione delle concessioni mediante gare. Eppure, consci del summenzionato bilanciamento di interessi contrapposti, gli stessi hanno anche specificato che i bandi di gara devono considerare gli investimenti già effettuati daз titolari delle concessioni balneari, nonché della professionalità imprenditoriale presumibilmente acquisita nel corso degli anni;
- L’11 luglio, inoltre, la Corte di Giustizia dell’UE, nel chiarire che le concessioni balneari hanno carattere precario, ha stabilito che uno Stato può, a loro conclusione, acquisire tutte le strutture costruite sulle spiagge, senza alcuna forma di indennizzo (ciò al netto di eventuali disposizioni diverse contenute nell’atto di concessione).
Non resta che seguirci per conoscere i prossimi sviluppi della “saga” Bolkestein!
Fonti:
1) https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/?uri=CELEX:32006L0123
2) https://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:decreto.legislativo:2010-03-26;59
3) https://www.normattiva.it/uri-res/N2Ls?urn:nir:stato:legge:2022-08-05;118
8) https://osservatoriocpi.unicatt.it/ocpi-pubblicazioni-la-triste-saga-delle-concessioni-balneari9) https://www.legambiente.it/rapporti-e-osservatori/rapporto-spiagge/