La genitorialità è un momento trasformativo della vita di una persona, che influenza la vita privata e professionale di entrambi i genitori. Negli ultimi decenni vi sono state delle modifiche a livello di norme di genere, del mercato del lavoro e di politiche a supporto delle famiglie, ma ciò non si è diffuso equamente all’interno dei vari stati europei, sia per motivi storici che culturali. Nello studio condotto da Teresa Leaõ nel 2024 ha analizzato l’impatto della genitorialità su madri e padri in 32 paesi europei a livello salariale, lavorativo (ad esempio il numero di ore lavorative) e di benessere percepito. Attraverso l’utilizzo dati dell’European Survey on Income and Living Conditions (2004-2020), Leaõ è stata in grado di osservare l’evoluzione da un anno prima la genitorialità a un anno dopo di essa, nonostante vi siano in ogni paese differenze culturali e politiche che hanno reso i dati raccolti eterogenei. I risultati hanno evidenziato, per quanto riguarda l’impatto salariale, la riduzione dello stipendio del 29% per le donne e un aumento del 12% negli uomini. Per quanto riguarda le ore lavorate, il 70% delle donne ha modificato il proprio status lavorativo, passando da contratti di lavoro full time a quelli a orario ridotto o prestazione occasionale, invece non è stato possibile osservare differenze post-genitorialità per gli uomini. A livello di salute, invece, per entrambi, non sono stati osservati cambiamenti. Nonostante i limiti di questo studio, è interessante osservare come ancora oggi in alcuni Stati europei (tra cui fa tristemente parte anche l’Italia) vi sia questa forte disparità tra madri e padri, nonostante le numerose campagne e politiche nate per ridurre il gap.
GENITORI IN DISEQUILIBRIO: IL DIVARIO DI RUOLI IN ITALIA
Come accennato precedentemente, in Italia i carichi genitoriali sono sproporzionati, e ciò è penalizzante in primo luogo per le donne, che spesso si trovano a lasciare il lavoro dopo la maternità, ma anche i padri, che spesso non possono vivere la genitorialità in maniera piena e appagante. Analizzando per esempio i richiedenti di congedi parentali, si può osservare che nel 2022 in Italia solo il 22,1% dei padri, a fronte del 77,9% delle madri, li ha richiesti. Questo dato ci deve far riflettere: nei paesi dove i padri fanno maggior uso del congedo parentale, è maggiore la loro presenza sia nella crescita dei figli che nei carichi di cura familiare, con conseguenze positive per lo sviluppo del minore e per l’equità nel carico familiare. Inoltre, una tendenza che si è osservata in questi paesi è che essi tendono ad avere una quota maggiore di bambini sotto i tre anni nei centri per l’infanzia, ribadendo così che se vengono adottate le giuste politiche paritarie ed inclusive è possibile intervenire su numerosi aspetti: occupazione femminile, crescita demografica e aumento della ricchezza nel nucleo familiare.
Agganciandosi all’occupazione femminile, in Italia vi è uno dei tassi minori, a livello europeo, di occupazione tra madri e donne. Ciò è spesso dovuto a una divisione non equa dei compiti di cura domestica e dei figli tra uomini e donne: ad esempio, circa il 75% delle donne tra i 25 e i 49 anni dichiara di dedicare oltre 50 ore a settimana alla cura della prole, mentre gli uomini che vi dedicano lo stesso numero di ore sono meno del 10%. Promuovere un approccio più paritario è sicuramente una strategia utile per numerosi motivi, tra cui garantire indipendenza economica e contribuire allo sviluppo economico italiano, riducendo il numero di famiglie a rischio povertà.
Un ulteriore aspetto interessante da osservare è come questa situazione si sviluppi nelle varie aree del Paese: i tassi di disoccupazione femminile nel sud hanno un valore particolarmente elevato, con una media del 46%. Inoltre, la differenza nel tasso di occupazione tra uomini e donne è di 13,5 punti a nord-est, 13,8 a nord-ovest e 14 al centro, mentre nel meridione e nelle isole i punteggi sono rispettivamente 24,5 e 22, tra cui a livello regionale spiccano Campania (27,3), Puglia (24,6) e Sicilia (24,5). Positivamente invece le regioni italiane più virtuose sono il Piemonte (12,6), il Trentino-Alto Adige (10,7) e la Valle d’Aosta (9).
LAVORO E GENITORIALITÀ: PERCHÉ IL WELFARE È CRUCIALE PER LA PARITÀ DI GENERE IN ITALIA
I servizi per la prima infanzia sono un pilastro fondamentale per sostenere la partecipazione delle donne al mondo del lavoro, una risorsa senza la quale verrebbero limitate in modo esponenziale le possibilità e le opportunità di un nucleo familiare. Non è casuale infatti che nelle regioni italiane dove l’offerta di asili nido e centri dell’infanzia è più diffusa, anche il tasso di occupazione femminile sia più alto. Questo dato sottolinea quanto sia cruciale investire nell’estensione di tali servizi, sia aumentando i posti disponibili, sia riducendo i costi a carico delle singole famiglie.
Un altro strumento chiave è rappresentato dai congedi parentali, nati con lo scopo di consentire ai neo genitori di occuparsi dei figli nei loro primi anni di vita. La normativa europea del 2010 stabilisce che entrambi i genitori abbiano diritto a un minimo di quattro mesi di congedo, di cui uno non trasferibile. In Italia, il congedo di paternità obbligatorio è stato reso strutturale con il decreto legislativo 105/2022 e, grazie alla Legge di bilancio 2024, i neo genitori possono beneficiare di un’indennità aumentata all’80% per uno dei nove mesi indennizzabili. Tuttavia, dal 2025 questa misura sarà ridimensionata, con un’indennità che scenderà per i primi mesi al 60% e successivamente al 30%. Nonostante queste iniziative, i dati ci raccontano una realtà ancora lontana dall’equilibrio genitoriale. Nel 2021, quasi l’80% dei congedi parentali in Italia è stato richiesto da donne, una percentuale che è scesa lievemente al 77,9% nel 2022. Questo squilibrio evidenzia ancora una volta come, all’interno delle famiglie, le attività di cura siano ancora prettamente a carico delle madri.
Le conseguenze di questa disparità sono evidenti: la maternità continua a rappresentare uno svantaggio per molte donne, traducendosi spesso in una riduzione delle ore lavorative o, peggio, nella perdita del lavoro. In Italia, solo il 46% delle donne è occupato, spesso in posizioni precarie (con contratti a tempo parziale o a prestazione occasionale) o con stipendi inferiori del 20-30% rispetto a quelli dei colleghi. Inoltre, il tasso di occupazione femminile cala sensibilmente con l’aumento del numero di figli: esso cala di 5 punti dopo il primogenito, di 10 dopo la nascita del secondo e di 23 con l’arrivo del terzo figlio.Questi numeri mettono in luce quanto sia urgente rafforzare le politiche di conciliazione vita-lavoro. Le possibili azioni sono numerose e imprescindibili: potenziare gli asili pubblici, rendere più inclusivi e flessibili i congedi parentali, garantire orari lavorativi adattabili e promuovere una cultura della genitorialità condivisa. Un investimento nel welfare, in un’Italia segnata da forti divari di genere e bassi tassi di natalità, non è solo una questione di giustizia sociale: è una scelta strategica per il futuro del Paese. Riuscire a creare un sistema che valorizzi la genitorialità, indipendentemente dal genere, significa dare alle nuove generazioni la possibilità di crescere in un contesto più equo e inclusivo, aumentando le loro possibilità e risorse economiche, sociali e mentali.
Fonti
https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:32010L0018
https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2022/07/29/22G00114/sg
https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2023/12/30/23G00223/SG
Leão, T., Perelman, J., Amaro, J., Mamelund, S. E., Pereira, M., & Severo, M. (2024). The indirect costs of motherhood and fatherhood: impacts on income, working hours, and perceived health across 32 European countries. European Journal of Public Health, 34.
Valentini, C (2012) O I FIGLI O IL LAVORO, Feltrinelli, Milano.
Articolo di Marta Finazzi
Grafiche di Alessandro Santoriello