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Perché la salute mentale fa ancora paura?

Il malato psichiatrico è una persona da evitare e potenzialmente pericolosa”. 

Quante volte ci è capitato di sentire frasi simili oppure di pensarle? Nonostante gli enormi passi avanti fatti nel corso degli ultimi anni, il tema della salute mentale è ancora fortemente legato a visioni stereotipiche secondo le quali l’individuo che soffre di una malattia mentale è un soggetto altamente imprevedibile, a tratti incomprensibile e possibilmente violento. Questi preconcetti però hanno un impatto enorme, non solo per queste persone ma anche a livello sociale, rafforzando la sempre più spessa barriera tra il “noi” e il “loro”. Prima di capire come “abbattere la barriera”, o quantomeno individuare le risorse potenzialmente utilizzabili, è necessario analizzare le radici dello stigma legato alla salute mentale.

LE FACCE DELLO STIGMA 

Il termine “stigma” deriva dal greco antico e indica un segno fisico, come una cicatrice o un tatuaggio, spesso associato a una punizione o a uno status sociale inferiore. Il termine è stato successivamente ripreso dalla psichiatria sociale per definire le connotazioni negative attribuite a coloro che soffrono di problemi legati alla loro salute mentale. Una definizione più recente di stigma è stata data dall’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità), che lo definisce come: “Un marchio di vergogna, di disgrazia, di disapprovazione che fa rifiutare, discriminare ed escludere un individuo da contesti e situazioni proprie della vita sociale” (OMS, 2021). 

Esistono varie tipologie di stigma, tutte con un’enorme impatto a livello personale e sociale. Ad esempio, lo stigma internalizzato affligge direttamente la persona che, considerando veri e giustificati gli stereotipi che le vengono attribuiti, vede diminuito il proprio empowerment e un aumento del self-stigma. Invece, lo stigma strumentale è causato dalle leggi e dalle politiche adottate dalle istituzioni pubbliche e private, influenzando anche gli operatori sanitari coinvolti nei servizi di salute mentale. Possiamo quindi già intuire il forte impatto che le rappresentazioni collettive della sofferenza psichica hanno sulle convinzioni e le strategie operative. Per questo è importante ragionare sullo stigma, al fine di elaborare un modello operativo più complesso e di analizzare i nostri bias inconsci legati alla malattia mentale. 

IL PESO DEGLI STEREOTIPI SULLA SALUTE MENTALE 

Le visioni stereotipate hanno conseguenze negative enormi: contribuiscono a sviluppare atteggiamenti e comportamenti negativi nei confronti delle persone affette da disturbi mentali, non rispettano la complessità umana (e la sua sofferenza) e ci portano ad adottare modelli operativi superficiali e predefiniti. Alla base dello stigma c’è la percezione del diverso, al quale vengono attribuite caratteristiche non desiderabili (a livello comportamentale, fisico o sociale), spesso associate socialmente a connotazioni negative. È infatti nella società che nascono i termini, i concetti e le categorie con scopo regolatorio e istituzionale che portano a una minor conoscenza o addirittura ignoranza sulla tematica della malattia mentale. Per questo motivo è importante agire a livello strutturale quando si parla di salute mentale, perché è dalla sensibilità di una società che nascono idee stigmatizzanti quali ad esempio la “follia”. 

Gli stereotipi legati alla salute mentale hanno anche conseguenze sui soggetti che soffrono di un disagio psichico generando in loro emozioni negative quali rabbia, paura e senso di colpa, che a loro volta impattano sulla loro qualità della vita e inclusione sociale. Dentro questa spirale discendente viene alimentata la discriminazione nei loro confronti, a cui conseguono minori opportunità, un senso di coercizione e di segregazione sociale che riducono notevolmente le possibiltà di recovery della persona. 

RECOVERY E INCLUSIONE: LE CHIAVI PER UNA VITA PIENA

Il recovery, insieme all’inclusione sociale, è uno dei  pilastri su cui si fondano gli interventi elaborati in Italia in materia di salute mentale dall’inizio del XXI secolo. Avere degli obiettivi concreti legati alla quotidianità, quali per esempio avere un’occupazione, un alloggio o delle relazioni soddisfacenti, permette alle persone che soffrono di un disagio mentale di avere un aumento del loro livello di autoefficacia (la convinzione che ognuno di noi ha sulla propria capacità di raggiungere gli obiettivi che si pone) e di empowerment (la sensazione di successo legata al raggiungimento dei propri obiettivi). Entrambi sono il risultato di una combinazione di numerosi fattori: sufficiente autostima, accettabile qualità della vita, presenza di sostegno sociale, coinvolgimento nei programmi di self-help, mantenimento di reti relazionali e buon finanziamento sociale. 

Per raggiungere ciò però è necessario contrastare lo stigma legato alla salute mentale. Per farlo sono stati individuati tre possibili approcci:

  1. Protesta, attuata dai movimenti di opinione o dai singoli individui che si oppongono alle rappresentazioni errate e stereotipate;
  1. Educazione, cioè sfatare i falsi miti legati alla malattia mentale attraverso i fatti, migliorandone così la sua comprensione; 
  1. Contatto, relazionandosi direttamente con persone affette da disagio mentale. Questa strategia ha il maggior impatto perché permette di diminuire le credenze stereotipiche e di aumentare le possibilità che ci si possa creare un’idea positiva della persona in questione.  

Oltre a ciò, è importante trovare un approccio adatto ai servizi, i quali non si devono sostituire alla persona ma darle gli strumenti per auto-dirigersi, promuovendo nel contempo la partecipazione attiva alla relazione tra pazienti e professionistз. L’adozione di un paradigma legato alla crescita e alla responsabilità piuttosto  che alla delega e infantilizzazione porta quindi le persone a percepire un maggior senso di empowerment, del quale beneficerà non solo il singolo ma l’intera comunità. Infatti, se dominano stereotipi negativi sulla malattia mentale ne risentiranno anche le persone che, sebbene non abbiano una storia legata alla malattia mentale, eviteranno di accedere ai servizi per timore di poter essere etichettati negativamente, imponendo l’assistenza. 

VERSO UNA NUOVA ERA DELLA SALUTE MENTALE 

Per concludere, come possiamo agire per creare un cambiamento concreto e sostenibile a lungo termine? Innanzitutto è importante definire termini più inclusivi da utilizzare quando si parla di tematiche legate alla salute mentale, che si focalizzano sulla persona e che ne promuovano un’immagine positiva. In secondo luogo è necessario attuare un cambiamento a livello culturale che promuova programmi multidisciplinari e multidimensionali, ad esempio la modifica di legislazioni e provvedimenti normativi, diffondere informazioni sulla salute mentale che siano veritiere, “normalizzare” il concetto di sofferenza mentale e incentivare la ricerca e pubblicazione accademica sul tema, che oggi in Italia risulta scarsa. 

FONTI 

Carozza, P. (2021). Contrastare lo stigma della malattia mentale: obiettivo dei servizi di salute mentale di comunità. Journal of Health Care Education in Practice, 3 (Journal of Health Care Education in Practice VOL. 3/2), 15-26.

Lasalvia, A (2022), Lo stigma dei disturbi mentali – Guida agli interventi basati sulle evidenze, Fioriti Editore, Roma.


Orefice, C. (2013). Rappresentazioni Sociali e decostruzione pedagogica. Analisi dello stigma nell’ambito della salute mentale. Studi sulla Formazione/Open Journal of Education, 16 (1), 211-225.

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