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 Imparare le emozioni giocando!

Il gioco nei bambinз di tutte le culture rappresenta una necessità antropologica, psicologica e sociale, attraverso il quale impara a vivere e a sperimentare come agire nel mondo. Lə bambinə diventa un essere “sociale e adatto” tramite l’esplorazione del mondo materiale, la risoluzione dei suoi problemi emozionali e il controllo dei sentimenti. Questo bisogno è così forte che vengono investite molte energie per soddisfarlo. 

L’infanzia rappresenta una fase importante, ricca di cambiamenti a livello dello sviluppo sociale ed affettivo, nella quale è cruciale costruire spazi positivi di relazione sociale e competenza emozionale. In questa fase di vita infatti lз bambinз imparano molto di più e più velocemente che in ogni altro momento, e il gioco non dipende solamente dall’aspetto anagrafico, ma anche dalle conoscenze dell’adulto in materia. Infatti, se l’adulto non provvede a fornire abbastanza materiale calibrato per l’età dellə bambinə, la sua esperienza di apprendimento verrà limitata. A ciò si aggiungono aspetti di natura sociale ed economica quali il calo della natalità o l’integrazione sempre maggiore della donna nel mondo del lavoro, che influenzano in maniera più o meno diretta lo sviluppo infantile. Un esempio interessante di fattore incidente è rappresentato dalle città. Le città odierne infatti non rappresentano un luogo pensato per lз bambinз: le case sono più piccole e prive di spazi fruibili come “spazi di gioco”, popolate da unə solo infante che spesso non conosce i propri vicini e che trova nella scuola l’unico ambiente in cui poter socializzare. Tutto questo rende difficile lo sviluppo emozionale e sociale che fino a qualche anno fa avveniva in maniera naturale attraverso il gioco e l’interazione con i pari. Per cercare di migliorare questa situazione, è importante utilizzare strategie e strumenti preziosi, specialmente nellambito scolastico: l’intelligenza emozionale e i programmi di educazione sociale ed emotiva.

L’intelligenza emozionale è alla base 

“Intelligenza emozionale” è un termine coniato all’inizio degli anni ‘90 che trova la sua più completa definizione nel lavoro di Daniel Goleman intitolato “L’Intelligenza Emozionale”. In questo volume, lo psicologo la definisce come un termine ombrello che raccoglie alcune capacità, tra le quali la percezione e canalizzazione di un’emozione, l’autostima e la comprensione dei sentimenti altrui. Essa è dinamica e mutua nel tempo, agendo direttamente sul nostro comportamento e personalità. La sua importanza è cruciale soprattutto nei primi anni di vita perché è proprio in questa fase che si formano connessioni neuronali in modo rapido e agile, fornendo quindi un’opportunità unica per l’attivazione e sviluppo delle capacità emozionali ed affettive, nel caso in cui lə bambinə percepisca come soddisfatto il suo bisogno di sicurezza e affetto. L’acquisizione di questa competenza, specialmente durante la scuola dell’infanzia, è un importante fondamento per lo sviluppo: facilita infatti l’ottimale sviluppo personale, interpersonale ed accademico, pronosticando le capacità adattive psicosociali e la prevenzione di difficoltà scolastiche, disturbi mentali e conflitti psicosociali. 

Cosa succede però se questi bisogni non vengono percepiti come garantiti? In questo caso è comune chiedersi cosa non abbia funzionato, che cosa sia andato “storto”. Sicuramente un aspetto che influisce è quello sociale, ma non può essere additato come l’unico responsabile. Se infatti lə bambinə agisce con violenza ma la condotta violenta viene ridicolizzata e repressa dal gruppo, essa scompare. Invece, nel caso opposto, il suo utilizzo può portare a un rafforzamento e promozione. 

A livello interpersonale, i genitori e le persone che si prendono cura deз bambinз in spazi in cui la competenza emotiva non è stimolata possiedono solitamente convinzioni negative distorte. Esse portano a un fraintendimento nella percezione delle necessità emotive ed affettive deз bambinз, a un’incapacità di riconoscere le loro espressioni emozionali, e a una maggiore responsabilizzazione deз figliз nel caso di una condotta negativa. Le loro dinamiche relazionali sono caratterizzate da una cattiva comunicazione, minore empatia e scarsa comprensione. Queste caratteristiche colpiscono gravemente lə bambinə, un essere umano caratterizzato da immaturità che apprende dall’habitat in cui è inserito e vive. 

L’utilizzo dell’intelligenza emozionale richiede allenamento, ed è quindi fondamentale costruire uno spazio adatto soprattutto per i primi anni di vita. Il gioco rappresenta una risorsa preziosa perché permette di sviluppare una serie di competenze:

  • La comprensione delle proprie emozioni; 
  • Lo sviluppo dell’autostima;
  • Il controllo emozionale; 
  • La comprensione dei sentimenti altrui. 

Secondo Hurlock (1978), vi sono 5 forme di apprendimento che influiscono direttamente sullo sviluppo infantile: apprendimento per prova ed errore, per imitazione, per identificazione, per associazione e mediante addestramento, e il gioco è in grado di attivarle tutte quante. 

Nel processo di apprendimento inoltre ha molta importanza l’interesse che l’individuo ha nel voler imparare, la sua partecipazione. Ci sono due gradi di implicazione nella partecipazione del soggetto in questo processo: il primo in cui ha un ruolo attivo nella situazione e l’apprendimento avviene in maniera più rapida, il secondo invece in cui entrano in gioco gli interessi più profondi del bambinə e porta allo sviluppo del senso di sé stesso. È importante stimolare entrambe le forme per permettere aз bambinз di comprendere i propri sentimenti e quelli altrui, e permettere di possedere gli strumenti adatti per diventare adulti competenti socialmente ed emotivamente. 

Come intervenire a scuola? L’approccio SEL 

Lo sviluppo dell’intelligenza emozionale non può avvenire solamente tra le mura domestiche, ma necessita di un ulteriore spinta. Un interessante approccio è quello fornito dai programmi di educazione sociale ed emotiva (Social Emotional Learning, SEL), che spesso sono sviluppati in maniera più approfondita nella scuola primaria e superiore, sminuendo però il loro impatto nella prima fase di vita. Una metanalisi sui programmi SEL, condotta da Sklad e colleghi (2012), ha evidenziato sette principali categorie di outcome: abilità sociali, comportamento antisociale, abuso di sostanze, percezione positiva dell’immagine di sé, successi accademici, salute mentale e comportamento prosociale. Le più comuni incontrate nelle ricerche svolte furono il miglioramento delle competenze sociali e la diminuzione dei comportamenti antisociali (soprattutto violenza e problemi comportamentali).  

Le componenti studiate negli approcci SEL possono essere divise in due tipologie di processi: l’intelligenza emotiva, che comprende capacità quali la loro conoscenza, etichettatura e riconoscimento, e la regolazione emotiva, che si riferisce alla gestione degli stati affettivi e alle strategie usate per modificare l’intensità e valenza emotiva. Cole e colleghi (2009) hanno esaminato, in un interessante studio, la comprensione delle emozioni, le strategie regolative e le capacità di riconoscere e generare strategie per la gestione dei sentimenti di rabbia e tristezza in uno scenario fittizio neз bambinз tra 3 e 4 anni. Essi hanno osservato una correlazione tra la generazione e il riconoscimento della rabbia, ma non della tristezza, suggerendo che lз bambinз della scuola dell’infanzia usano metodi differenti per controllare emozioni differenti. Inoltre, lз bambinз di 4 anni sono statз in grado di pianificare un maggior numero di strategie nello scenario di rabbia rispetto a quellз di 3, nel caso della tristezza invece i gruppi si sono equiparati. Ciò suggerisce che la regolazione emotiva si sviluppa con l’età e che le strategie specifiche per ogni emozione accrescono a ritmi differenti. La scuola dell’infanzia è quindi da considerarsi cruciale per la preparazione alla scuola, facilitando il coinvolgimento scolastico dellə bambinə, ponendo le basi per il loro successo accademico e per il loro benessere psico mentale. 

Fonti

Cfr. F. Secadas, creatividad en la enseñanza. El juego y la educación del ludotecario, Valencia, Inde, 1999.

D. Goleman, Intelligenza emotiva, Milano, Rizzoli, 1995

P. PÉREZ ALONSO-GETA-P. CANOVAS LEONHARDI, Informe sobre la realidad de la infancia en el seguimiento de cero a seis años, Valencia, Incie-Fundacion, Ed. S.M., 1996

Gershon, P., & Pellitteri, J. (2018). Promoting Emotional Intelligence in Preschool Education: A Review of Programs. International Journal of Emotional Education, 10(2), 26-41

Sklad, M., Diekstra, R., De Ritter, M., Ben, J., & Gravesteijn, C. (2012). Effectiveness of school-based universal social, emotional, and behavioral programs: do they enhance students’ development in the area of skill, behavior, and adjustment? Psychology in the Schools, 49(9), 892-909

Cole, P. M., Dennis, T. A., Smith-Simon, K. E., & Cohen, L. H. (2009). Preschoolers emotion regulation strategy understanding: Relations with emotion socialization and child self-regulation. Social Development, 18(2), 324-352. 

E.B. Hurlock, Desarrollo del niño, Nueva York, Machawhill, 1978

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