Prima di iniziare questo articolo, è utile chiarire le differenze tra le varie forme di velo islamico. L’hijab copre testa e collo, deuce vaughn jersey keyvone lee jersey Florida state seminars jerseys custom football jerseys ohio state jersey penn state football jersey johnny manziel jersey justin jefferson lsu jersey custom made football jerseys brandon aiyuk jersey colleges in new jersey keyvone lee jersey purdy jersey Ohio State Team Jersey OSU Jerseys ma lascia il viso scoperto. Si configura come un simbolo di modestia e privacy, ma può anche significare espressione evidente dell’appartenenza alla religione islamica. Abbiamo poi il niqāb, tipico dell’Arabia Saudita, che copre interamente la figura femminile ma lascia visibili gli occhi. Il chador, proveniente dall’Iran, cinge il capo ma lascia libero il volto. Infine, il burqa copre interamente il corpo e nasconde gli occhi di chi lo indossa dietro una fitta griglia.
Oggi vogliamo mettere l’accento sul velo islamico come mezzo per fare politica. Infatti, la religione, in politica, è sempre stata un’arma vincente. In Europa, parecchie proteste sono scoppiate dopo delle decisioni governative che proibivano di indossare il velo islamico. Ad esempio, nel 2021 il Senato francese ha approvato un disegno di legge che proibirebbe l’uso del velo islamico – l’hijab – da parte di ragazze minori di diciotto anni e introdurrebbe il medesimo divieto nelle competizioni sportive nazionali. Lo stato francese ha anche mostrato una forte opposizione per lo slogan proposto dal Consiglio d’Europa, il quale incitava il velo come diritto garantito a cittadinɜ europeɜ. La disapprovazione generale di un solo Paese ha portato all’eliminazione della campagna “La bellezza è nella diversità come la libertà è nell’hijab”. Quindi, quando una donna decide di indossare l’hijab in un Paese occidentale è consapevole delle numerose difficoltà che troverà nel suo percorso, ma decide di affrontarle. Nonostante i pregiudizi e gli stereotipi sull’Islam, su cui fanno leva i media e lɜ politicɜ per aumentare i loro consensi, bisogna tenere presente che indossare il velo non è un simbolo dell’estremismo islamico.
Purtroppo, anche negli stati in cui vige la legge islamica, lɜ leader politicɜ ottengono la legittimazione di un’ampia parte della popolazione proprio strumentalizzando e interpretando in maniera personale la religione, facendo leva sulla fede e sull’ignoranza deɜ cittadinɜ, e di conseguenza l’uso del velo islamico. Ben noto e tragico è l’evento che ha coinvolto l’Iran e riguarda la morte di Mahsa Amini, la ventenne curda che ha perso la vita il 16 settembre del 2022 a Teheran dopo essere stata messa in custodia dalla polizia morale perché non portava l’hijab in modo corretto. In Iran, il velo è stato imposto alle donne fin dalla rivoluzione islamica del 1979 e per molti rappresenta uno dei fondamenti della civiltà della nazione iraniana. Tuttavia, il Corano non presenta un obbligo vero e proprio di velarsi il capo. Il testo sacro esorta solamente al decoro e alla castità, che fanno riferimento all’abbigliamento. Ciechi di fronte ai fatti, le autorità iraniane hanno inasprito le punizioni per le donne che non portano il velo con l’approvazione in parlamento di una nuova legge per “sostenere la cultura della castità e dell’hijab”. Ora sono previsti fino a 10 anni di reclusione per le donne che non abbiano rispettato tale legge. Approvata il 20 Settembre 2023, la legge segna circa un anno dalla morte della giovane Masha Amini: un anno in cui le donne iraniane – e molte altre – hanno continuato la lotta contro lo stato autoritario, mostrandosi a capo scoperto per le strade, bruciando i loro veli, tagliandosi i capelli come atto simbolico e rischiando di essere poi catturate e picchiate dalle forze di polizia e dal Corpo delle Guardie della Rivoluzione Islamica. Il coraggio di queste donne è enorme e ognuno di noi dovrebbe esserne fierз e sostenere come può la campagna delle donne iraniane. “Woman Life Freedom” è stata creata proprio con l’obiettivo che l’apartheid di genere venga riconosciuto come un crimine ai sensi del diritto internazionale. Lo scopo finale di questa azione, portata avanti da Iran e Afghanistan, è porre fine alle discriminazioni in atto sia a Teheran che a Kabul con i Talebani. Saremo pur impotenti, vivendo lontani da questi Paesi, ma possiamo portare avanti la stessa campagna e diffondere la voce di queste donne.
Fonti
I veli islamici e la Corte europea dei diritti umani: una questione aperta – Ius in itinere
In Iran fino a 10 anni di carcere per le donne senza velo – Notizie – Ansa.it
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