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#WAD2023: Giornata Mondiale contro l’AIDS

Il 1° dicembre di ogni anno ricorre la Giornata Internazionale contro l’AIDS, istituita nel 1988 dalla WAC, World AIDS Campaign.

Si tratta di una data fondamentale per ricordare un’epidemia che raggiunse il proprio picco nel 2004 e per fare sensibilizzazione su una patologia che, secondo alcuni dati, già nel 2019 aveva causato 690.000 vittime in tutto il mondo.

Inoltre, si tratta della prima giornata mondiale nell’ambito della salute a essere stabilita appositamente a livello istituzionale.

WADPexels

L’obiettivo del World AIDS Day è sempre stato quello di informare, sensibilizzare, fare prevenzione: non è possibile distogliere lo sguardo dalla lotta all’HIV e dalla consapevolezza che l’accesso alle cure, in molti Paesi, sia ancora riservato a pochissimз cittadinз. 

Il fiocco rosso incrociato, nel 1991, viene universalmente riconosciuto come simbolo ufficiale di questa giornata. 

Fiocco rosso incrociatoPexels

L’acronimo AIDS, Sindrome da Immunodeficienza Acquisita, venne riportato in letteratura per la prima volta nel 1991: si riferisce ad una patologia causata dal virus dell’HIV che può manifestarsi anche molti anni dopo aver contratto l’infezione, con un decremento importante a livello quantitativo di alcune cellule del sistema immunitario, le CD4. 

L’unico strumento a nostra disposizione per la diagnosi precoce è il test HIV combinato o dell’antigene p24, che può essere eseguito in modo rapido e con garanzia legislativa di completo anonimato.

Un ulteriore test del sangue (detto test ELISA), utile allo screening, è in grado di rintracciare all’interno dell’organismo gli anticorpi specifici del virus: spesso il risultato viene confermato da ulteriori test diagnostici, come il Western Blot.

Bisogna comunque ricordare che nei primi mesi dopo una possibile esposizione al virus, esso può risultare ancora non rilevabile a causa della non avvenuta sieroconversione: si tratta del periodo finestra, durante il quale è possibile anche la trasmissione. 

Non esistono cure o vaccini per combattere l’infezione, ma è possibile trattarla tramite la terapia antiretrovirale, cioè con l’assunzione di farmaci che impediscono la replicazione del virus e rallentano l’immunodepressione (quindi il progredire della malattia).

L’HIV si trasmette tramite rapporti sessuali non protetti, contatto con sangue infetto, durante la gravidanza (trasmissione verticale madre-bambino), il parto e l’allattamento al seno.

I sintomi tipici della fase immediatamente successiva all’infezione rientrano in uno stato simile all’influenza (tremori, febbre, gonfiore dei linfonodi, dolori muscolo-articolari) ma è possibile non avvertire alcun fastidio o problematica per moltissimi anni. 

Un errore molto comune, causato dalla disinformazione e da una sensibilizzazione ancora poco capillare, è la confusione o l’identificazione dell’ HIV con l’AIDS: quest’ultima identifica uno stadio clinico già avanzato dell’infezione da HIV, corrispondente all’incapacità da parte del nostro organismo di reagire a qualunque infezione e/o malattia, persino una banale influenza. 

HIVPexels

Inizialmente la scoperta scientifica della malattia fu accompagnata da un forte stigma.

Si pensava infatti che ad ammalarsi fossero solo persone omosessuali o con dipendenza da sostanze, o ancora che la colpa della diffusione fosse di emofiliaci e di soggetti sottoposti a trasfusioni.

Trascorse molto tempo affinché la comunità internazionale ammettesse il contagio anche di soggetti eterosessuali e la trasmissione verticale madre-neonato.

Persino l’utilizzo del preservativo venne additato come inutile; si credeva infatti che l’infezione potesse trasmettersi attraverso il lattice o la saliva.

Ogni bacio, stretta di mano o condivisione di bicchieri e oggetti di uso quotidiano venivano considerati pericolosissimi.

Nonostante i progressi raggiunti nell’ambito della ricerca e le nuove terapie farmacologiche somministrabili da protocollo, la diffusione del virus non può essere considerata sconfitta, né si può affermare che la popolazione maggiormente coinvolta sia ancora quella dei più giovani.

È necessario tenere alto il livello di attenzione a riguardo, perché si tratta di un virus con un alto tasso di mortalità seppur a lenta diffusione rispetto al passato e rappresenta una sfida per la sanità globale.

Quindi, quali accorgimenti bisogna impiegare per prevenire il contagio? 

  1. Proteggersi durante qualsiasi tipo di rapporto sessuale  
  2. Utilizzare il preservativo soprattutto nel caso di rapporti occasionali (una sola volta, dall’inizio alla fine del rapporto e conservandolo con cura)
  3. Evitare il contatto diretto col sangue (ferite, siringhe, ferri chirurgici o strumenti utilizzati per il prelievo e la trasfusione)
  4. Evitare l’uso comune di siringhe ed aghi
  5. Sottoporsi a iniezioni, agopuntura, tatuaggi o piercing solo con aghi monouso 
  6. Ricordare che la pillola anticoncezionale, la spirale e il diaframma hanno soltanto utilità contraccettiva e non proteggono dall’infezione
Preservativi Unsplash

È molto utile, inoltre, sottoporsi al test HIV periodicamente, soprattutto dopo la messa in atto di comportamenti sessuali a rischio.

È possibile effettuarlo in qualsiasi momento e ridurrà l’ansia e la preoccupazione, fugando ogni dubbio: rileva infatti la sieropositivizzazione entro 4 settimane dall’ipotetico contagio.

Sarà fondamentale anche per conoscere il proprio stato sierologico e assicurare il benessere sessuale del proprio partner. 

Il test di screening può essere eseguito in autonomia comprando, senza ricetta medica, il test in farmacia.

Questo test, denominato Oralquik, permette di rilevare dalla saliva la presenza di HIV. In caso di positività il test deve essere confermato con un test ELISA di quarta generazione.

Il test di screening ELISA può essere effettuato  con ricetta medica sia in laboratori pubblici (con pagamento di ticket sanitario) che privati.

In ogni azienda sanitaria pubblica c’è almeno un centro dove il test HIV è anonimo e gratuito all’interno di un percorso di counselling sanitario.

Questi centri si trovano di solito in strutture ospedaliere, reparti di Malattie Infettive o ambulatori per Malattie Sessualmente Trasmissibili, o in strutture gestite da associazioni di volontariato.

Supporto AidsUnsplash

Se il risultato è positivo, si potrà iniziare ad assumere la terapia il prima possibile, rallentando lo stato infiammatorio del sistema immunitario.

Rivolgendosi entro 72 ore dalla sospetta infezione a uno specialista in malattie sessualmente trasmesse, può essere offerta dallo stesso la PEP (profilassi post-esposizione) per ridurre il rischio di infezione.

È infine fondamentale ricordare che una persona sieropositiva, utilizzando il preservativo e assumendo la propria terapia antiretrovirale, NON trasmetterà il virus aə propriə partner.

Fonti

https://www.aifa.gov.it/-/giornata-mondiale-contro-l-aids-prevenzione-informazione-e-ricerca-per-una-battaglia-ancora-da-vincere

https://www.uniticontrolaids.it/attualita/eventi.argomento.aspx?arg=TLA-2E7D6E5046CA4794

https://www.unesco.it/it/News/Detail/217

https://www.quotidianosanita.it/scienza-e-farmaci/articolo.php?articolo_id=109362

https://www.salute.gov.it/portale/news/p3_2_2_1_1.jsp?lingua=italiano&menu=eventi&p=daeventi&id=22

https://www.hiv.gov/hiv-basics/overview/data-and-trends/global-statistics/

https://www.helpaids.it/test

https://www.epicentro.iss.it/aids/prevenzione

https://www.epicentro.iss.it/aids/epidemiologia-italia

https://www.hiv.gov/hiv-basics/overview/data-and-trends/global-statistics/

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