Quando parliamo di Maghreb, parliamo di quella parte dell’Africa mediterranea che comprende Marocco, Algeria e Tunisia. Ci vengono subito in mente colori, sapori e odori inconfondibili.
Ma com’è la sessualità nel Maghreb? È altrettanto colorata e legittimata?
L’etica sessuale dell’Islam maghrebino sembra ispirarsi all’etica sessuale dell’Islam, ma quando si tratta di particolari “raffinatezze”, manifesta una personalità che alcunз considererebbero più impura, lurida e strana (ed è già strana per la lontananza geografica del Maghreb in rapporto ai centri naturali del culto musulmano).
Nel Maghreb, i segni dell’appartenenza sessuale devono essere distinti, senza alcuna confusione: l’uomo deve adottare comportamenti espurgati da qualsiasi ambivalenza. La sessualità maghrebina non è vissuta in maniera esplicita: i sentimenti sono taciuti aз parenti, aз amicз più intimз per essere protetti da giudizi riprovevoli.
Il desiderio omosessuale è biasimato, messo fuori dal sistema, racchiude tutte le “pulsioni negative” e “contronatura”, poiché nella coscienza vegetativa è apparentato ad un essere “inferiore”, “immaturo” e “imperfetto”. La persona omosessuale presenta una costituzione fisica e mentale “dubbia” e anche le sue emozioni sono ritenute commedie. L’intera famiglia temerà all’idea che unə loro figliə sia incapace di unirsi carnalmente con una donna. Inoltre, la dicotomia omosessuale è più favorevole aə partner attivə che aə suə passivə; lə secondə è banditə dalla sfera sociale in modo irreversibile e gli apprezzamenti nei confronti də primə sono impregnati di una complicità che a volte sconfina nell’ammirazione.
Ibn Haldun, padre della sociologia magrebina, fa dell’omosessualità un fattore della corruzione dei costumi sociali della sua epoca, in particolare della cultura cittadina. I buoni costumi inducono a tener separata l’omosessualità attiva da quella passiva, poiché quest’ultima presenta il vantaggio dell’apparente chiarezza contro la confusione delle eziologie, contro la dicotomia operativa (passivo=negativo, attivo=positivo), contro la dissoluzione del ruoli. Proprio in seguito a tale deviazione, la società arriva a disconoscere il significato e la miseria morale delle persone omosessuali nel mondo arabo. È quindi uno sprezzante disconoscimento e un completo diniego della realtà intrinseca di tale impulso.
Secondo l’Islam, solo l’omosessualità maschile viene presa in considerazione, quella femminile viene invece relegata al di là dei limiti del nominabile.
L’omosessualità femminile è vissuta come un’ “anomalia” che spesso le persone lesbiche nascondono perfino a se stesse ed evitano di divulgare; ne deriva la loro difficoltà a trovare l’anima “gemella”. Attualmente, non possono accettare la propria “diversità” e la propria posizione sociale in quanto tale, con le emozioni che ne derivano. Anche se non verranno mai lapidate (in mancanza di una precisa legislazione in materia), c’è comunque da aspettarsi che siano escluse e reiette. È esattamente questa la sorte riservatale dai testi sacri, a cominciare dal Corano.
Pertanto, la rimozione dell’omosessualità è la spina dorsale dell’educazione sessuale də bambinə maghrebinə. Il condizionamento sociale opera assai presto privandolo dell’interesse per un’eventuale attrazione verso lə propriə compagnə di giochi. Questo condizionamento è una sovrastruttura comportamentale inconscia che elimina qualsiasi segno dell’altro sesso.
Se l’omosessualità è rimossa fino a questo punto, cosa ne è delle altre manifestazioni della sessualità umana, soprattutto quelle perverse? Sono perseguitate, regolamentate, tollerate o del tutto ignorate dal dogma islamico? Il voyeurismo è presente nel mondo arabo?
Si è tentatз di rispondere che prima che la persona sia un voyeur, occorre che esista già qualcosa da vedere. La funzione visiva è più o meno tollerata, poiché in generale l’uomo può vedere solo le donne che non può sposare in ragione dell’interdizione dell’incesto. Il voyeurismo è più accettabile e più indotto nella cultura araba, per quanto sia una cultura dicotomizzata e separatista.
Al-Buhari riferisce uno strano caso in cui la funzione visiva è assunta da una terza persona a profitto di coluə che si ritiene debba goderne: chiamiamo questa funzione voyeurismo immaginato, per cui la donna non deve frequentare un’altra donna per descriverla in seguito al marito, poiché sarebbe come se questi l’avesse vista. Prova che la relazione sarebbe perversa, in quanto l’uomo che interroga la moglie gode della narrazione come se fosse stato lì a guardare.
La cultura araba è forse una cultura feticista? Chi ne “soffre”, è accettatə?
Esiste una realtà ammessa riguardante la sessualità femminile, secondo cui essa sarebbe propriamente “feticista”: la notte di nozze l’uomo aspetta che la moglie gli offra un imene integro, anche se la sua castità reale (mentale, psicologica e fisica) non è affatto dimostrata.
A tale riguardo, possiamo parlare di un feticismo dell’imene: la relazione che vi si associa è meno magica, quasi infantile, ridicola. Per quanto la donna presenti un imene intatto, la realtà è sempre stata diversa, poiché l’imene è il campo del paradosso.
È possibile osservare altri tipi di feticismi a livelli più materiali, più convenzionali? Sì! Ad esempio, l’itinerario copulatorio də giovane maghrebinə comincia spesso nei lombi delle bestie che è incaricatə di portare al pascolo; la zoofilia è molto diffusa in tutta la regione e ha la funzione di iniziare alla maturità sessuale un considerevole numero di giovani tormentatз dal desiderio e verrà considerata come una “tappa” normale, poiché è integrata in una rete di tollerazione e di significati collettivi. La zoofilia non comporta affatto la pena di morte per lə colpevole, ma riceverà un castigo, lasciato all’arbitrio də giudice.
Occorre inoltre notare che anche in questo caso c’è una vera e propria divisione dei sessi: il destino sessuale si struttura infatti in modo diverso per le donne e per gli uomini, per chi proviene da un ambiente agiato e chi non ha avuto tale fortuna, per chi è cittadinə e chi è campagnolə, chi è coltə e chi è poco scolarizzatə.
Il voyeurismo, il feticismo, la zoofilia, l’autoerotismo perverso sono alcune delle perversioni nel Maghreb, ma non sono le uniche. Le loro interconnessioni produrrebbero tre ramificazioni che mostrano le diversità delle sensibilità sessuali, della sensualità coestensiva a tutta la cultura araba nel Maghreb e dell’uso complessivo che se ne fa.
Fonti:
Malek Chabel “La cultura dell’harem – Erotismo e sessualità nel Maghreb” – 24-46
Vincenzo Patanè “Arabi e noi – Amori gay nel Maghreb” – 38-42