DISCLAIMER
*In questo articolo mi riferirò alle coppie queer, cioè appartenenti alla comunità LGBTQIAP+, ma molte altri tipi di relazione si trovano a soffrire degli stessi costrutti sociali. Ad esempio, le coppie inter-abili, dove lə partner abile viene spesso identificatə come lə caregiver dell’altrə; le coppie miste, soprattutto quando di queste fa parte una persona caucasica, o anche le coppie dove una delle persone coinvolte non rispetta gli standard di bellezza della nostra società, come le coppie mixed-weitght (dall’inglese, “di pesi diversi”).
Cosa hanno in comune queste coppie? La non-conformità corporea delle persone coinvolte.
È questione di alternative
È il 2022 ed è innegabile che buona parte delle persone che conosciamo posti la sua relazione sui social media, che sia in modo assolutamente temporaneo ed estemporaneo attraverso una story, che sia un post nel proprio feed curatissimo o che questi ricordi vengano sistematicamente archiviati al termine della suddetta.
Numerosi studi hanno dimostrato come postare ricordi così intimi e privati danneggi la coppia a lungo termine, ma non sembra che la cosa ci tocchi e non sarà l’oggetto di dibattito di questo articolo.
Alcune persone coraggiose mantengono le loro relazioni private, talvolta con rammarico delə partner. Altre, invece, non hanno possibilità di scelta.
Mi riferisco alle coppie queer* perché, più spesso di quanto vorremmo ammettere, le persone che ne fanno parte potrebbero trovarsi in pericolo se qualcunə scoprisse della loro relazione.
Dunque, avere la possibilità di scegliere se postare la tua relazione, etero o omosessuale che sia, è un privilegio. Ma, ovviamente, non è così semplice.
Il privilegio delle coppie “nella norma”
Le coppie eterosessuali in senso stretto sono portatrici di numerosi privilegi.
Sintetizzati in questa lista a opera dell’Università della California, questi passano spesso inosservati all’interno di una società eteronormata.
Dalla banalità del tenersi per mano per strada fino al matrimonio o alle adozioni, le persone eterosessuali e cisgender non si pongono domande proprio per il contesto in cui sono state socializzate e danno per scontate tutta una serie di situazioni che per una coppia queer sono tutt’altro che di facile attraversamento.
Se la nostra sessualità, così come il nostro genere, sono assegnati alla nascita allora una persona etero e cis non deve fare coming out, non deve giustificare la propria identità, non deve temere aggressioni, viene rappresentata nei media, può parlare apertamente della propria vita sentimentale, e potrei continuare per ore.
Può postare la propria storia online, come può benissimo non farlo: il punto è che ha la possibilità di scegliere.
Pubblicare online la propria relazione queer
All’interno della comunità LGBTQIAP+, come all’interno di qualsiasi altra comunità, questo dato prende diverse sfumature nei suoi diversi livelli di privilegio.
Questi non si distinguono solo in base all’identità della persona, che può essere soggetta a una maggiore o minore visibilità, come a un differente livello di accettazione sociale, ma anche in base ai singoli contesti personali e di provenienza.
Ancora oggi moltissime persone queer vivono in contesti pericolosi, fare coming out può significare mettere a repentaglio il proprio lavoro, la propria famiglia o la propria vita, ed è qui che entra in scena la dimensione del privilegio: ho la possibilità di esprimere liberamente la mia identità senza venir perseguitatə in qualche modo?
Dando per assodato che la sicurezza personale sia la priorità e che nessunə si dovrebbe sentire forzatə a metterla a rischio per una qualunque motivazione, cosa significa pubblicare una foto per una coppia visibilmente queer? Ovviamente è qualcosa di molto più complesso di una semplice immagine sul web, o forse no.
In un mondo in cui i media ancora fanno un’estrema fatica a restituire una rappresentazione della comunità LGBTQIAP+, possiamo voltarci verso i social media e, attraverso questi, all’auto-rappresentazione.
Se i mass media non hanno alcuna intenzione di mettere a nostra disposizione una narrativa non strettamente eterosessuale, cisgender e monogama, niente ci vieta di crearla noi stessз.
Ci sono interi profili social di coppie queer basati sulla ricostruzione di una narrazione che normalizzi questi legami, che non hanno niente di diverso dalla coppia eterosessuale che vedete costantemente al cinema o nelle serie tv; e se queste narrazioni di coppia sono assolutamente scontate quando si parla di relazioni uomo-donna, diventano vero e proprio attivismo quando parliamo di coppie che fuoriescono dalla norma eterocisgender.
Ed ecco perché caricare una foto della tua relazione queer è un atto intrinsecamente politico, perché nella semplicità che può caratterizzare il gesto, questo rimane comunque un atto rappresentativo che contribuisce a normalizzare l’esistenza di queste relazioni, anche solo dal punto di vista delle dimostrazioni d’affetto pubbliche.
A tal proposito, il The Economics Times di Times of India ha raccolto la testimonianza di una coppia gay che, attraverso il proprio profilo Instagram, sta contribuendo a combattere lo stigma che ancora affligge mortalmente la comunità queer indiana.
Sto parlando di @vagabondboiz che, nell’articolo “Come le coppie LGBTQ+ stanno normalizzando l’espressione del loro amore su internet” (“How LGBTQ+ couples are normalising expression of their love on the internet”), affermano, in relazione ai loro post che mostrano PDA, cioè Dimostrazioni d’Affetto Pubbliche, che questi hanno aiutato anche omofobз convintз a cambiare la loro percezione della comunità.
Perché normalizzare non significa solamente parlare dei problemi con cui ci interfacciamo quotidianamente, ma anche tenere a mente che una coppia è una coppia in quanto tale e non è più o meno accettabile in base alle persone che la compongono.
Questo non deve però far pensare che la pubblicazione di questo tipo di contenuti sia scevra da rischi anche quando ci troviamo nella posizione di poterlo fare con relativa serenità.
Infatti, queste foto sono spesso sommerse di commenti offensivi e minacce nell’esatto momento in cui finiscono fuori dalla cerchia ristretta deз followers attraverso hashtags o condivisioni deз stessз.
Le aggressioni online ai danni delle persone queer ledono inevitabilmente alla salute mentale delle persone coinvolte e sono da tenere in considerazione tanto quanto le aggressioni fisiche.
Nella controintuitiva semplicità di un tema come l’educazione affettiva non ci si aspetterebbe un rifiuto così violento, eppure si tratta di un fatto all’ordine del giorno.
Narrative pericolose
Nel momento in cui ci rivolgiamo ad un’auto-rappresentazione è importante fare attenzione alla narrazione che facciamo di noi stessз.
Perché è sì necessario affermare, come dice Gianni Rossi Barilli, un’ “io omosessuale”, ma che questo non diventi fondamento per la richiesta di cittadinanze e identità plurali.
Il tabù omosessuale è spesso introiettato dalle stesse soggettività queer, che finiscono nello scadere, involontariamente, in una narrativa dell’Alieno o nella dicotomia rivoluzione/addomesticamento.
Questo posizionamento moralizzato e moralizzante del familismo conservatore rischia di annullare un’auto-narrazione che sia effettivamente contrastiva e capace di creare un modello “altro” rispetto alla famiglia cattolica tradizionale italiana.
Per quanto l’omologazione sembri la strada più facile da percorrere verso un’inclusione che sia indipendente dalle singole soggettività, non significa che sia quella più corretta se stiamo guardando ad una rivoluzione culturale a livello più ampio.
Conclusione
In conclusione, se per le coppie eterosessuali mostrare PDA, online o nella vita di tutti i giorni, si riduce ad una scelta assolutamente personale, per le persone della comunità LGBTQIAP+ questo rimane un problema e, contemporaneamente, un atto di lotta quotidiano che ci ricorda che sì, il personale è politico soprattutto nel momento in cui il tuo personale si fonda su un’identità che fuoriesce dalle norme eterocispatriarcali.
“Volevano che fossimo invisibili. Non lo siamo. Balliamo.”
Joe Jarvis, https://www.joemygod.com/2016/06/watching-the-defectives/