Brexit – precisazione
Formalmente il Regno Unito non è più Stato membro dell’Unione Europea dal 31 gennaio 2020, ma si è dovuta attendere la fine del periodo di transizione, il 31 dicembre 2020, perché la Brexit si realizzasse effettivamente.
Il no deal (l’uscita senza accordo con l’UE) è stato scongiurato, ma non sono mancati comunque i colpi di scena.
GENNAIO e l’ottima gestione della pandemia (parte I)
La campagna vaccinale in UE è partita il 27 dicembre. Nel Regno Unito è iniziata prima. Merito, secondo il ministro della salute britannico, della Brexit: non dovendo sottostare alle procedure di approvazione dell’EMA (Agenzia Europea per i Medicinali), il Regno Unito si è trovato in vantaggio. Ai centri di vaccinazione di massa, il 18 gennaio si sono aggiunti ambulatori e ospedali, riuscendo a garantire la somministrazione di vaccini h24, sette giorni su sette: mentre nel Regno Unito si superavano le 4 milioni di prime dosi inoculate, in Italia si toccava il primo milione.
Sui meriti della Brexit in proposito c’è di che dubitare: il periodo di transizione ancora non era finito e il Regno Unito si è avvalso di una direttiva europea (la direttiva 2001/83/Ce, art. 5) secondo cui uno stato membro può autorizzare, in via temporanea, la distribuzione di un farmaco/vaccino non ancora approvato “per affrontare la diffusione sospetta o confermata di agenti patogeni, tossine, agenti chimici o radiazioni nucleari che potrebbero causare danno” alla popolazione. Boris Johnson ha contrattato con le case farmaceutiche prima dз altrз, rischiando e vincendo. L’UE è stata prudente, ma ha perso – umanamente – nel momento in cui la campagna vaccinale si è trasformata in una corsa a chi si sarebbe immunizzatoə per primə, a chi per primə sarebbe uscitə dal lockdown.
Quando AstraZeneca ha annunciato il taglio di rifornimenti all’UE (da 80milioni a 31 milioni di dosi), la Commissione europea ha pensato di ripristinare i controlli alla frontiera tra Irlanda (membro UE) e Irlanda del nord (parte del Regno Unito), in modo tale da sorvegliare l’esportazione delle fiale, col rischio di bloccare le forniture a Londra.
La Commissione è tornata subito indietro sulla decisione, ma ormai era chiaro che avrebbe messo in pericolo gli interessi britannici per tutelare quelli dз europei.
Un altro passo falso che ha alimentato la guerra di vaccini tra UE e UK è stato commesso dal Presidente della Repubblica francese Macron, il quale il 19 gennaio ha dichiarato: “Esistono poche informazioni sul vaccino del gruppo britannico AstraZeneca” e “Pensiamo che per le persone con più di 65 anni sia quasi inefficace”. Dichiarazioni già all’epoca senza fondamento e che hanno alimentato i dubbi contro un vaccino che era già stato approvato dopo un lungo iter.
C’è da chiedersi se il fatto che pochi giorni prima l’americana Pfizer avesse concesso la licenza per la produzione di 100 milioni di dosi alla francese Sanofi c’entrasse qualcosa con le affermazioni di Macron. Dubbio legittimo.
A proposito del nazionalismo dei vaccini c’è un bellissimo articolo di Harari sul Financial Times, tradotto da Internazionale n°1400, in cui analizza il successo scientifico a fronte del fallimento politico nella gestione della pandemia: mentre lз scienziatз di tutto il mondo collaboravano, in politica non si è fatto altro che litigare e creare ulteriore disuguaglianza tra Stati che possono vaccinare e Stati che non possono permetterselo. Del Regno Unito pensa: “Nonostante tutte le politiche isolazioniste, l’amministrazione Johnson non è riuscita a isolare il paese dall’unica cosa che contava davvero: il virus”.
FEBBRAIO e la borsa
“La borsa di Amsterdam ha superato Londra come principale piazza finanziaria europea per lo scambio di azioni”, ha scritto il Financial Times l’11 febbraio, attribuendo la colpa alla Brexit. Data la mancanza di accordi in ambito di regolamentazione dei mercati finanziari (un vero e proprio no deal in questo ambito), le aziende con sede nel Regno Unito non possono più operare nell’UE, perché Bruxelles non riconosce alla borsa britannica lo stesso status delle piazze finanziarie presenti sul suo territorio.
Per alcunз analistз quello di Amsterdam è un primato temporaneo e simbolico, per altrз un’occasione per Londra di staccarsi ulteriormente dall’UE e tornare a brillare in seguito.
Londra ha riconquistato il titolo a luglio.
MARZO e l’indipendenza scozzese
Si specula sull’indipendenza della Scozia.
Un referendum c’è già stato nel 2014: lз scozzesi hanno scelto di rimanere nel Regno Unito e Boris Johnson non sembra intenzionato, almeno nel breve termine, a concedere una seconda possibilità di uscirne.
Alle elezioni di maggio è prevista la schiacciante vittoria dell’SNP, il partito nazionalista (europeista e di controsinistra) guidato da Nicola Sturgeon, paladina della causa indipendentista. Nel frattempo però la campagna vaccinale condotta dal Regno Unito è decollata e Sturgeon è stata coinvolta in uno scandalo politico. È vero che la maggioranza dз scozzesi ha votato per il Remain e vorrebbe tornare in UE, ma l’SNP ha già perso consenso.
APRILE e la questione irlandese
Quella dell’Irlanda è una situazione complicata da ben prima della Brexit.
L’ex prima ministra Theresa May non voleva che, con l’uscita dall’UE, venisse ripristinato un confine duro tra Irlanda del nord e la Repubblica di Irlanda in modo da non riaccendere le tensioni tra unionistз protestanti e repubblicanз cattolicз. Gli scontri – i Troubles – tra queste due fazioni hanno causato in passato un vero e proprio bagno di sangue, cessato solo con gli Accordi del Venerdì Santo nel 1998.
Nel 1998 sia il Regno Unito che la Repubblica d’Irlanda facevano parte dell’UE e il confine di fatto era aperto: l’UE infatti garantisce libera circolazione di merci, persone e servizi; con l’uscita dall’UE, il Regno Unito ha dovuto ripristinare le frontiere, con tutto ciò che ne consegue (movimenti limitati, controlli alla dogana, aggravi in termini di burocrazia e scartoffie). Il progetto di Theresa May era quindi di non separare le due Irlande, col risultato che il suo stesso partito le si è rivoltato contro: per lз ultraconservatorз era impensabile che l’Irlanda del nord si allontanasse dalla Gran Bretagna, avvicinandosi alla Repubblica d’Irlanda.
Boris Johnson è poi subentrato a Theresa May, ma persino lui è dovuto scendere a compromessi per non turbare la pace irlandese: secondo gli accordi – da lui firmati – il confine è stato posto nel mare d’Irlanda, lasciando l’Irlanda del nord nell’unione doganale europea (in modo che persone e merci mantenessero la libertà di movimento sull’isola), mentre i prodotti provenienti dal Regno Unito e diretti in Irlanda del Nord avrebbero dovuto superare i controlli doganali dell’Ue nei porti nordirlandesi.
Boris Johnson però ha promesso che i controlli doganali non ci sarebbero mai stati sulle merci in transito tra Irlanda del nord e il resto del Regno Unito.
Promessa impossibile da mantenere perché violerebbe gli accordi siglati.
Che è successo quindi?
A Belfast (Irlanda del nord), nella notte del primo d’aprile si sono verificati degli scontri tra unionistз e poliziottз e i disordini sono continuati anche il giorno seguente con lanci di bombe molotov, auto incendiate e tombini divelti.
In teoria, i disordini sono stati innescati dalla decisione di non procedere contro il leader del partito repubblicano, recatosi al funerale dell’ex capo dell’Esercito Repubblicano Irlandese (IRA) in violazione delle norme anticovid.
In realtà, gli scontri sono legati al mancato rispetto delle promesse fatte: gli scaffali a Belfast erano vuoti. I controlli doganali sulle merci in transito tra UK e Irlanda del nord hanno causato gravi ritardi nelle consegne. Questi problemi sono perdurati fino a ottobre, tanto che l’UE ha dovuto tendere una mano proponendo di esentare dai controlli doganali circa la metà dei prodotti alimentari e medicinali.
MAGGIO e i fatti dell’isola di Jersey.
Oltre alla questione irlandese, un altro punto dolente della Brexit è la disputa (ancora in corso) tra Francia e Regno Unito sui diritti di pesca.
Quali sono i patti?
- Dopo la Brexit lз pescatorз francesi possono continuare a pescare tra le 6 e le 12 miglia dalle coste britanniche e al largo di Guernsey e Jersey fino al 2026, purché in possesso di una licenza rilasciata da Londra a sua discrezione.
- Per ottenere la licenza lз pescatorз devono dimostrare di aver già pescato in quelle acque tra il 2012 e il 2016
Qual è il problema?
Lз pescatorз francesi richiedono la licenza a Londra per continuare a pescare nelle acque britanniche e la loro domanda, il più delle volte, viene respinta. Di qui la minaccia francese di tagliare la corrente all’isola di Jersey (isola britannica nel Canale della Manica) e l’invio di due navi da guerra da parte del Primo Ministro inglese per “monitorare la situazione”. Situazione che, insomma, è degenerata rapidamente e che altrettanto rapidamente si sarebbe potuta risolvere se le parti si fossero messe d’accordo.
Dei fatti dell’isola di Jersey si è continuato a parlare fino ad ottobre quando all’ultimatum del taglio della corrente si è aggiunto quello del blocco navale a St. Helier, il principale porto dell’isola.
Sul The Observer, Simon Tisdall osserva :“Macron sta usando lo scontro sulle licenze di pesca per guadagnare consensi in vista delle presidenziali del 2022. In Francia bastonare lз britannici non fa certo perdere voti. Anche Johnson, però, sta manipolando lз pescatorз per i suoi obiettivi politici”.
GIUGNO e i risultati della gestione della pandemia (parte II)
Luigi Ippolito, corrispondente a Londra del Corriere della sera, analizza l’andamento della pandemia a sei mesi dalla Brexit: “A oggi in Gran Bretagna oltre il 75% della popolazione adulta ha ricevuto almeno la prima dose di vaccino e la metà è ormai completamente immunizzata: non solo l’Europa, ma pure gli Stati Uniti sono molto indietro rispetto a questi primati. Il risultato è che i decessi sono quasi azzerati e i reparti Covid, in tanti ospedali, sono praticamente vuoti”.
Di nuovo, il merito è stato attribuito alla Brexit e all’essere liberi dai vincoli dell’UE. Di sicuro Boris Johnson e il partito conservatore ne hanno guadagnato in termini di consenso: le elezioni locali del 6 maggio per il partito laburista guidato da Keir Starmer sono state una disfatta e, prima, alle elezioni in Scozia il partito nazionalista di Sturgeon – che, come visto, punta all’indipendenza dal Regno Unito – non ha guadagnato tutto il consenso previsto.
Secondo il The Observer, infatti, se normalmente l’umore nazionale si valuta in base ai risultati economici, in tempi di emergenza sanitaria si guarda al modo in cui sono prese le decisioni che riguardano la vita e la morte dз cittadinз; “Perché mai gli elettori avrebbero dovuto voltare le spalle a Johnson così presto? Il successo dei vaccini ha eclissato le vecchie perplessità sulla sua gestione della pandemia”.
LUGLIO e il settled status
Il tempo per aderire al Programma di residenza è scaduto: dal primo luglio lз cittadinз europei che non hanno presentato domanda per il settled o pre-settled status, quindi per ottenere lo stato di residente permanente o temporaneo nel Regno Unito, hanno perso il diritto di vivere e lavorare sull’isola, oltre che il diritto all’assistenza sanitaria, ai sussidi statali o al ricongiungimento familiare.
Tre milioni le domande attese, oltre sei milioni quelle arrivate. Ad agosto ne dovevano essere ancora esaminate quasi cinquecentomila, anche perché molte sono arrivate oltre il limite di tempo accordato dalla legge.
Oggi chi intende trasferirsi in Gran Bretagna deve ottenere il visto secondo un sistema a punti. Esistono corsie preferenziali per alcune categorie, ma in generale è necessario:
- ricevere un’offerta di lavoro da uno sponsor riconosciuto dall’Home Office
- essere in grado di parlare l’inglese al livello intermedio
- avere un salario annuo non inferiore a determinate soglie
In maniera corrispettiva, anche lз cittadinз britannici hanno perso il diritto a vivere e lavorare nei paesi UE.
AGOSTO e la mancanza dз camionistз
Secondo i dati della RHA (Road Haulage Association), l’associazione per gli autotrasporti, in UK ci sono 100mila camionistз in meno rispetto ai tempi pre-Covid.
Perché?
Perché moltз in questi anni di pandemia sono andatз in pensione e, non potendosi tenere gli esami per la patente, non c’è stato un ricambio sufficiente; perché, nei periodi di lockdown, sono tornatз nei paesi d’origine e lì sono rimastз; perché, prevalentemente dell’est Europa, dopo la Brexit e il giro di vite sull’immigrazione, preferiscono lavorare in altri paesi.
Risultati: la catena Nandos ha annunciato la chiusura temporanea in UK di un decimo dei suoi ristoranti perché mancano i polli; la Scozia ha accusato un calo nella distribuzione della birra per cui i pub hanno sfiorato la catastrofe; McDonald’ha dovuto togliere i frullati dai suoi menu per mancanza di latte; nei supermercati sono mancati i prodotti freschi; a ottobre molte mense scolastiche non sono riuscite a garantire un pasto caldo completo (e per tantз bambinз inglesi, le cui famiglie si trovano in ristrettezze economiche, si tratta dell’unico pasto nutriente e sano della giornata); infine, tutti i tipi di prodotti, non solo quelli alimentari, hanno rischiato di non arrivare in tempo per il Natale.
Tutto ciò perché sulle strade mancano lз guidatorз di tir per le consegne.
SETTEMBRE e la mancanza di benzina.
Non che manchi il carburante quanto, appunto, le persone che lo trasportino.
Esso e Bp hanno chiuso diversi distributori e limitato le forniture: stando alla Petrol Retailers Association, che rappresenta 5.500 distributori indipendenti, le pompe a secco sono state tra il 50 e il 90% del totale.
Nonostante il governo abbia esortato lз automobilistз a non farsi prendere dal panico, la corsa all’accaparramento (così come c’è stata nei supermercati) è partita. Infinite code, tentativi di aggirarle, risse. E le scorte sono esaurite.
Per risolvere il problema il governo ha pensato a due soluzioni cumulative:
- Chiamare in causa l’esercito, addestrando militari da mettere alla guida delle autocisterne.
- Contravvenire alla Brexit , concedendo 5000 visti provvisori aз camionistз europei (lз quali, a onor del vero, non si sono dimostratз particolarmente interessatз ad aiutare il Regno Unito)
I disagi intanto hanno impedito al personale sanitario (e alle autoambulanze) di circolare e si è pensato di tornare alla didattica a distanza quando lз insegnanti si sono trovatз le auto a secco.
OTTOBRE e il macello del “British First”
Non c’è penuria di solз camionistз: per esempio, non ci sono abbastanza lavoratorз nel settore dell’allevamento e della macellazione.
Più di 100mila maiali sani hanno corso il rischio di essere abbattuti per via dell’insufficiente manodopera.
Mattatoi e macellerie hanno proposto di impiegare lз detenutз per svolgere un lavoro che, prima, veniva svolto principalmente da immigratз, dice la BBC. Per l’associazione di categoria (l’Association of independent meat supplier) nel settore ci sono 14mila posti di lavoro vacanti – il 15% della forza lavoro complessiva.
“British first” è la risposta che lз imprenditorз hanno inizialmente ricevuto dal governo, quando è stato lanciato l’allarme: prima lз britannici. Assumere manodopera locale però costa di più; formarla costa di più; garantire condizioni di lavoro migliori (orari ridotti e paghe più alte) costa di più. A pagare poi sono lз cittadinз: se salgono i salari, sale il prezzo di cibi e bevande.
Scrive il Financial Times: “Alla fine, a essere colpiti dagli effetti della cacciata dei lavoratori stranieri a basso costo sono proprio coloro che hanno poco da spendere in beni di consumo, dato che i prezzi bassi sono possibili (anche) grazie ai camionisti dell’est. Ma la stessa crisi mette in luce pure l’insostenibilità di questo modello, fondato su un mercato del lavoro “guasto”.
Di nuovo, visto il perdurare dell’emergenza, il governo ha violato uno dei principi della Brexit (appunto, il “British first”) e a ottobre migliaia di visti provvisori sono stati rilasciati aз lavoratorз (non britannici) del settore della carne.
NOVEMBRE e la strage in mare
Il 24 novembre, 27 persone sono morte nel Canale della Manica, mentre tentavano di arrivare nel Regno Unito a bordo di un gommone.
Macron ha dato la colpa a Johnson, Johnson a Macron. Su Twitter.
Scrive il Corriere della sera: “La ministra degli Interni del governo Johnson, Priti Patel, ha accusato la Francia di usare i migranti come un’arma per destabilizzare la Gran Bretagna e punirla per la Brexit” (come il dittatore bielorusso Lukashenko, che spinge lз migranti verso il confine dell’Ue). “Priti Patel ha anche puntato il dito contro la libera circolazione in Europa: i migranti infatti attraversano indisturbati il Continente diretti verso la Gran Bretagna”.
Obiettivo della Brexit era quello di ripristinare i confini, ma l’ondata migratoria non si può arrestare. Da gennaio sono stati circa 27 mila lз migranti che sono sbarcati in Inghilterra, (rispetto agli 8mila del 2020 e ai mille del 2019): solo nel mese di novembre si sono registrati oltre 6mila arrivi.
La Francia, negli anni, ha costruito barriere e intensificato i controlli sui carichi merci per impedire aз migranti di raggiungere il Regno Unito attraverso il tunnel della Manica. Questo ha spinto le persone a tentare la via del mare a bordo di piccole imbarcazioni: Decathlon ha dovuto bloccare le vendite di canoe nel nord della Francia per evitare che lз migranti le usassero per tentare la traversata.
L’emergenza umanitaria conclude l’anno all’insegna dei contrasti tra Francia e Regno Unito.
DICEMBRE e il punto(?) della Brexit.
Il governo di Boris Johnson non conosce pace: David Frost, segretario di Stato e capo-negoziatore della Brexit, si è dimesso.
Il momento è delicato non solo per la stabilità del governo britannico, ma soprattutto perché i rapporti con l’UE ancora non sono perfettamente regolati: rimane la questione del confine interno in Irlanda, rimangono i contrasti in materia di diritti di pesca.
In un editoriale su Internazionale 1438, il giornalista britannico Will Hutton ricorda:
- nei primi sei mesi del 2021 le esportazioni verso l’Europa sono diminuite del 13,1% e le importazioni del 24,8%.
- lз giovanз britannici non possono partecipare al programma Erasmus né lavorare nei settori turistici dell’Unione.
- il paese rischia di perdere 45mila ragazzз alla pari e circa 750mila studentз che ogni anno arrivavano dall’Unione e che ora rinunciano, scoraggiatз dall’obbligo del visto.
- al Regno Unito serve una dimensione europea per la difesa, per la cybersicurezza e la lotta al crimine internazionale.
La fine sembra lontana per Brexit.
FONTI:
https://www.ilpost.it/2021/01/27/astrazeneca-ritardi-vaccino-intervista-pascal-soriot/
https://www.ft.com/content/f1b30f2c-84aa-4595-84f2-7816796d6841
Internazionale 1400
https://www.ft.com/content/3dad4ef3-59e8-437e-8f63-f629a5b7d0aa
https://www.ilpost.it/2021/02/12/borsa-amsterdam-londra/
https://www.ilpost.it/2021/05/05/elezioni-scozia-indipendenza/
Simon Tisdall, The Observer, INTERNAZIONALE 1434
https://www.internazionale.it/tag/autori/jon-henley
https://www.internazionale.it/tag/fonti/the-guardian
Simon Tisdall, The Observer
Roberta Carlini, Sito Internazionale
K.Frankenberger, Frankfurter Allgemeine Zeitung, Germania – Internaz 1429
Roberta Carlini (Internazionale Sito)
Will Hutton, Internazionale 1438
The Observer, The Guardian, Bbc, Financial Times, The economist
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Il Corriere della sera, articoli di Luigi Ippolito, Laura Zangarini, Giulia Ferraino, Valentina Iorio, Beppe Severgnini, Paola de Carolis, Leonardo Berberi, Ilaria Caielli e Alessia Conzonato