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Oltre il rosa e l’azzurro: decostruire il binarismo di genere

Nella società in cui viviamo, binaria e occidentale, veniamo abituatз fin dalla tenera età a pensare secondo la dicotomia maschio/femmina: un esempio di ciò può essere ritrovato nel fiocco rosa o azzurro che viene apposto dopo la nascita di unə bambinə, ma anche nei giocattoli che verranno considerati più adatti a discapito di altri.

Accettare il binarismo di genere certamente semplifica le scelte della vita quotidiana:

abbigliamento, shopping, attività sportive, documenti e così via, ma sempre più persone mettono in discussione non solo il genere che viene assegnato loro alla nascita, ma il concetto stesso di binarismo sessuale e di genere.

Quando si parla di “genere binario” ci si riferisce a un concetto che prevede la

classificazione di genere basata esclusivamente sul sesso assegnato alla nascita anziché su un continuum o uno spettro di identità ed espressioni di genere. Il genere binario è, perciò, considerato limitante per chi non sente di appartenere a uno dei due generi definiti come “tradizionali”, maschio e femmina, per questo si parla di identità di genere non binarie.

Non-binary è uno spettro relativo all’identità di genere che ricade sotto il termine ombrello “transgender”. Le persone non-binary, infatti, si identificano con un genere diverso rispetto a quello assegnato loro alla nascita, non riconoscendosi nelle categorie di genere binarie.

Le persone non binarie possono non avere un genere ed essere perciò agender o neutrois; identificarsi in due o più generi, come nel caso delle persone bigender o trigender; spostarsi tra i generi o avere un’identità di genere fluida in quanto genderfluid e via dicendo. Le identità di genere non binarie sono molte e varie.

Queste persone erano e sono posizionate come “altro” rispetto a ciò che nelle culture occidentali dal XIX secolo viene racchiuso nelle categorie di “uomo” e “donna”, senza essere necessariamente emarginate in quanto le categorie di maschio e femmina non costituiscono concetti né universali né validi per un sistema di classificazione del genere. Questo è per esempio il caso degli Hijra in India, dei Two Spirits per i nativi americani e di molti altri casi etnografici che dimostrano l’eterogeneità della varianza di genere nelle varie culture e di come il genere binario, concettualizzato nelle società occidentali moderne, sia solo una delle possibili prospettive.

Le identità di genere non binarie non sono associate a un’espressione di genere specifica in quanto, anche qui, è riscontrabile una grande varietà di espressioni di genere. 

Anche l’identità di genere e l’orientamento sessuale o romantico non sono direttamente correlati: le persone non binarie possiedono una grande varietà di orientamenti sessuali esattamente come le persone cisgender.
Va però sottolineato che alcune etichette relative all’orientamento sessuale/romantico, come “eterosesuale/eteroromantico”, “omosessuale/omoromantico”, “lesbica/lesboromantica” e “gay/gayromantico”, possono essere ritenute incompatibili con le identità di genere non binarie in quanto non si focalizzano esclusivamente sull’oggetto dell’attrazione, ma anche sull’identità di genere del soggetto. Per questo alcune persone non binarie si rifiutano di

usarle, altre preferiscono utilizzarle in senso non letterale o usarne altre come

“androsessuale/androromantico”, ovvero chi prova attrazione verso gli uomini o verso la mascolinità, “ginosessuale/ginoromantico” quando invece si prova attrazione verso le donne o verso la femminilità, o altre terminologie adoperate anche dalle persone cisgender quali “bisessuale/biromantico”, “pansessuale/panromantico” o “asessuale/aromantico”.

Ultimi elementi da analizzare rispetto alle identità di genere non binarie sono i pronomi e il linguaggio in generale. Questo è un aspetto importante in quanto è proprio tramite il linguaggio che gli esseri umani rappresentano ciò che li circonda ed è sempre tramite esso che le cose intorno a noi prendono vita.

La lingua italiana, a differenza di altre lingue, prevede l’utilizzo di due generi, il maschile e il femminile. Questo, in alcuni casi, può rivelarsi problematico per le persone non binarie, che sono così costrette a dover scegliere tra pronomi maschili e femminili in base a quelli che ritengono più affini per esclusione e che di conseguenza le fanno sentire maggiormente a proprio agio. 

In altre lingue questo problema non si presenta; ne è un esempio il caso anglofono in cui le persone non-binary possono utilizzare il genere grammaticale neutro con i relativi pronomi “they/them” e il titolo “Mx” al posto di Mr o Ms.
Altri esempi vengono citati nella ricerca di Corbett che evidenzia come 144 lingue non presentano categorizzazioni di genere grammaticali, 50 distinguono tra due generi (come in italiano), 26 hanno 3 generi (come nel caso del tedesco), 12 hanno 4 generi, 24 ne hanno 5 o più di 5.

Nonostante il linguaggio sia in continua evoluzione, la lingua italiana non presenta ancora una valida alternativa per rappresentare tutte le identità di genere ma, nel corso del tempo, si è cercata una soluzione, infatti spesso vengono utilizzati l’asterisco (*), la chiocciola (@) e la schwa (ə) nello scritto oppure la “x”, la “u” o la perifrasi nel parlato. Questi artifici linguistici portano con sé il problema che debbano comunque venir spiegati e questo fa sì che si crei un’ulteriore separazione tra ciò che è considerato standard e ciò che non lo è.

La realtà cambia la lingua ma anche la lingua contribuisce a cambiare la realtà perché ciò che si nomina si vede meglio e nel vederlo meglio si comprende meglio.

Se la lingua stessa non consente l’esistenza di tali identità, questa si presenta come un’ulteriore sfida per chi ha un’identità di genere non binaria, che deve perciò ricorrere a una negoziazione con la società per il suo posto nel mondo.

Fonti:

Fuori dai binari: https://www.fuoridaibinari.it/ 

Bisogno F. e Ronzon F. (a cura di) (2007), Altri generi. Inversioni e variazioni di genere tra culture, Il dito e la luna, Milano

Corbett G. G. (2013), “Number of Genders” in Dryer, Matthew S. & Haspelmath, Martin (eds.) The World Atlas of Language Structures Online, Leipzig: Max Planck Institute for Evolutionary Anthropology

Fulgori S. C., Fuori dal binario: la costruzione socioculturale del genere e la sua variabilità, Tesi di laurea a.a. 2019/2020, Torino

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