Trigger Warning “linguaggio che segue il binarismo di genere. In questo articolo si parla di donne e uomini come due categorie contrapposte con esclusione di chi non si inserisce nella visione binaristica non per scarsa sensibilità o ignoranza in merito dell’autrice ma perchè le ricerche a cui si fa riferimento riconoscono unicamente due sessi. I dati sulle donne con disabilità sono alquanto scarsi, il numero si azzera se si ricercano dati di discriminazione verso persone che non si identificano come donne o uomini e allo stesso tempo hanno una disabilità. Questo ci fa capire ancora una volta quanto sia lunga la strada verso un’analisi sociale intersezionale che rispecchi la vera complessità del mondo in cui viviamo.”
La percezione generale delle persone con disabilità è quella di una minoranza: una categoria ai margini, numericamente irrilevante. Se pensiamo alle donne con disabilità la percezione peggiora ancora.
Eppure, dai dati Istat, le donne con disabilità in Italia sono un milione e settecentomila.
Partendo da questo dato numerico si è cominciato a studiare come fenomeni appartenenti alle singole categorie di donne e persone con disabilità potessero sovrapporsi.
Da questo studio si è cominciato a parlare di doppia discriminazione delle donne con disabilità, anche se studiando i dati si è arrivati alla terribile consapevolezza che i fenomeni marginalizzanti per questa categoria nella realtà si alimentassero esponenzialmente.
L’Italia nel 2009 ha creato e messo in atto Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità.
Nel 2016 il comitato ONU ha emesso un richiamo formale per il nostro paese in merito alle osservazioni riguardanti la messa in pratica di tale convenzione. Infatti l’Italia nonostante abbia creato un sistema scolastico inclusivo, è mancante in moltissimi aspetti e in diversi campi non riesce a garantire la parità dei diritti.
Le osservazioni dell’ONU sono ad ampio raggio partendo da una disparità di accesso al sostegno e ai servizi, a causa delle differenti definizioni di disabilità nella varie regioni italiane e nei vari settori.
La raccomandazione quindi è quella di adottare una nozione unica che sia in linea con la Convenzione e che venga rispettata a tutti i livelli governativi.
L’aspetto più evidente e considerato grave è la mancanza completa di un’integrazione di donne e ragazze con disabilità nelle iniziative di parità di genere. Non esiste una legge che contempla sia genere che disabilità.
Nelle normative specifiche ci si riferisce ad un generico “persone con disabilità”, assimilando gli uomini e le donne assumendo che abbiano gli stessi bisogni e le stesse possibilità anche se questo non è così.
Il comitato evidenzia che sia necessaria una prospettiva di genere integrata nelle politiche per la disabilità e che a sua volta la disabilità sia integrata nelle politiche di genere.
Oltre a queste si tocca il tema della violenza contro le donne poichè non esiste una normativa che monitori, prevenga e combatta la violenza rivolta a donne con disabilità all’interno e all’esterno delle mura domestiche.
Secondo una ricerca della Fish sulle violenze di genere nei confronti delle donne con disabilità, circa il 63% delle persone interrogate ha dichiarato di aver subito almeno un abuso nel corso della propria vita. Questo si può mettere in atto sotto diverse forme dalla forma psicologica a quella sessuale ma anche violenza fisica ed economica.
Con il COVID-19 la situazione è diventata ancora più grave poichè gli sforzi precedenti alla pandemia per l’emancipazione e l’uguaglianza di genere sono stati messi a dura prova.
La pandemia ha permesso violazioni di diritti delle donne e delle ragazze con disabilità e delle donne che si prendono cura delle persone con disabilità.
Per l’European Disability Forum, che per la giornata internazionale della donna ha commemorato e reso omaggio a tutte le donne e ragazze con disabilità e le donne che si prendono cura di persone con disabilità vittime di COVID-19, coloro che hanno combattuto ferocemente per i loro diritti e le loro vite, e tuttɜ coloro che ancora lavorano per rompere il soffitto di vetro per il diritto di vivere, guidare e lottare in un mondo in cui spesso viene detto loro di essere silenziosɜ e invisibilɜ.
Si continua poi, ad invitare l’UE ad adottare misure per promuovere i diritti delle donne e delle ragazze con disabilità in tutte le leggi e le politiche che influiscono sulle loro vite e di sostenere la realizzazione e la piena partecipazione delle donne e delle ragazze con disabilità, anche con finanziamenti dedicati per sostenere la creazioni di reti ed enti rappresentativi di donne con disabilità e difendere i loro diritti.
Questo accade perchè attualmente il 60% dei membri del parlamento europeo sono uomini e solo un membro del Parlamento europeo è una donna con disabilità visibili.
Il numero di donne membri del Parlamento europeo è aumentato nel 2019, rispetto al 2014. Ma 8 Stati membri hanno eletto un numero di donne inferiore nel 2019 rispetto al 2014, evidenziando un divario tra i paesi. L’appello all’Unione Europea è quello di garantire la pari partecipazione di tutte le donne con disabilità alla vita politica e pubblica, compreso il diritto di voto ed essere elette a livello dell’UE e nazionale.
Tutti questi dati fanno emergere quanto emergenziale sia la situazione. Con il nuovo piano europeo si sono visti alcuni piccoli passi avanti che però al momento sono solo ipotesi ancora molto poco concrete.
Il lavoro nel campo dell’inclusione è ancora una volta molto difficile e con tanta strada da fare.
Quello che nel piccolo si può fare è continuare a sensibilizzare in modo da creare sempre più consapevolezza per far partire un messaggio dal basso che faccia muovere le intenzioni istituzionali.
FONTI:
https://www.aism.it/blog/donna_e_disabile_discriminazione_doppia
http://www.storiadeisordi.it/2017/10/26/la-doppia-discriminazione-delle-donne-con-disabilita/