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Ops! Ho fatto cilecca (Spoiler: non sei l’unicǝ)

Siamo nel XXI secolo e ancora oggi uno dei più grandi incubi di chi è dotato di genitali maschili è “il non riuscire a farli funzionare”. Al netto di qualsiasi considerazione sull’eziologia del fenomeno, questa circostanza genera una valutazione inequivocabile di “mascolinità”. Se non si riesce a mantenere un’erezione per l’intero rapporto sessuale allora non si è abbastanza “uomini” e tanto vale andare a raccogliere le margherite. È evidente lo zampino di quel patriarcato che da secoli non solo opprime le donne ma anche i suoi stessi figli maschi. L’idea, infatti, che si debbano spuntare una serie di caselle per potersi dire “uomini” è tristemente vetusta, ma purtroppo ancora attuale. Elementi necessari? Essere forti ed etero. Possibilmente comunicare senza manifestare emozioni, ma soprattutto abili nella conquista sessuale.

Meno requisiti di questa lista si soddisfano, più in basso nella piramide sociale si cade. A quanto pare, le disfunzioni sessuali rappresentano un biglietto di sola andata per l’ultimo gradino. Considerando questo quadro culturale, sono intuibili le origini del tabù . E anche il conseguente timore per le future performance che, come in una profezia che si avvera, rappresenta esso stesso un fattore di rischio per la salute sessuale. Eppure, c’è un dettaglio di cui la società non parla affatto, volta com’è a perpetrare lo status quo e i suoi dogmi. La disfunzione erettile è molto più comune di quanto si creda e trattabile in maniera molto più efficace se ci si distacca dallo stigma che essa porta con sé.

I numeri della disfunzione erettile

Innanzitutto, secondo le indagini, questo tipo di disfunzione sessuale non interessa solo persone senior (ultracinquantenni). Anzi, arriva a toccare fasce della popolazione sempre più giovane. Una delle difficoltà circa l’esatta identificazione del fenomeno riguarda la precisa definizione di DE. Il termine, infatti, può comprendere diverse casistiche: da quelle di erezione debole a quelle di erezione totalmente assente (disfunzione lieve, moderata o grave). O, ancora, diverse a seconda della frequenza con cui il fenomeno si presenta (disfunzione generalizzata o situazionale).

Se da un lato una défaillance nel corso della vita sembra essere una sorta di passaggio obbligato. Dall’altro uno studio italiano (Capogrosso, 2013) ha rilevato che su 439 uomini con DE, 114 (26%) avevano meno di 40 anni. Inoltre, quasi la metà di questi aveva una disfunzione “grave”. Tendenzialmente, gli studi al livello globale registrano un’incidenza che richiama questi risultati: circa uǝ giovane su tre tra i 20 e i 30 anni ha a che fare con la DE. Tra l’altro è il caso di sottolineare che tali dati non considerano né campioni di popolazione transgender, né il numero sommerso di esperienze in cui imbarazzo e stigma impediscono di ricercare aiuto o supporto.


Le potenziali cause del fenomeno

La salute sessuale è una faccenda molto complessa a prescindere dal genere. Essa è influenzata da fattori organici, psicologici e relazionali in un contesto socioculturale che ne modula le espressioni. Se in passato l’analisi delle cause della DE avveniva per esclusione, partendo da fattori biologici per passare a quelli psicologici e sociali. Oggi si rende necessario un approccio diverso che tenga contemporaneamente in considerazione tutte le variabili.

È ampiamente accertato d’altronde che anche laddove i sintomi siano prevalentemente di natura organica questi tendenzialmente genereranno problematiche nell’area psico-emotiva e relazionale. Sia nel soggetto interessato che nellə partner. È impossibile offrire un quadro completo di quelli che possono essere i fattori di rischio o, più generalmente, le cause della DE. Esse, infatti, saranno una combinazione di diversi elementi circostanziati e calibrati sul vissuto del singolo essere umano. Motivo per cui, in questa sede possiamo enunciarne alcuni al livello meramente ed esclusivamente esemplificativo.

Un primo ambito da tenere in considerazione sarà sicuramente quello delle esperienze di vita del singolo. Esse possono costituire terreno più o meno fertile per la DE (infanzia, educazione, condizioni mediche, ecc.). A cui si incastra la soggettività individuale (un medesimo evento può essere percepito stressante da alcunɜ e non da altrɜ). Oltre a ciò, possono favorire l’insorgenza di disfunzioni sessuali anche ripetute esperienze insoddisfacenti, problematiche o traumatiche. O ancora, incidenti invalidanti o interventi chirurgici.


Lo zampino del patriarcato

Accanto a questi fattori (predisponenti / precipitanti) ce ne sono altri che possono acuire o cronicizzare le disfunzioni sessuali (fattori di mantenimento). Ritroviamo, ad esempio, ansia da prestazione, preliminari e/o stimolazioni sessuali inadeguate. O anche informazioni sessuali sbagliate, senso d’inferiorità, paura dell’intimità e compromessa sexual confidence. A cui si aggiungono fattori contestuali come la perdita del lavoro o altre preoccupazioni: scarsa comunicazione tra partner, mancanza di privacy e senso di colpa per la situazione in essere. Partendo da quest’ultimo fattore viene da chiedersi: cos’è che genera il senso di colpa?

Nonostante, come più volte specificato, ogni storia sia a sé, e ogni mondo individuale sia infinitamente diverso dall’altro, ci sembra di scorgere un minimo comune denominatore al livello sociale: l’idea, da un lato, che il “vero uomo” sia colui che soddisfa sessualmente lə proprio partner nonostante tutto, chiudendo a chiave ogni pensiero o emozione pur di “finire il lavoro” e, dall’altro a fare da contraltare, l’idea che se non si è in grado di avere o mantenere l’erezione semplicemente non si è virili, non si è degnз di avere una relazione, né di stima daз compagnз di spogliatoio. Tutti questi diktat, tramandati di generazione in generazione sotto forma di battutine goliardiche, mettono radici profonde sin dalla tenera età e si evolvono in una miriade di modi diversi.

Uno di questi è proprio l’immediato senso di inadeguatezza che spesso segue uno o più episodi di disfunzione erettile. Se in quel preciso momento si è manifestato tutto ciò che un “vero uomo” non dovrebbe mai essere, la stessa mascolinità tossica imposta e interiorizzata potrebbe cronicizzare la disfunzione medesima innescando un circolo vizioso d’ansia da prestazione alla ricerca spasmodica di quella virilità di cui tutti gli uomini sarebbero indefettibilmente portatori. E, badiamo bene, che il patriarcato e i suoi insegnamenti ricadono tanto su chi sperimenta la DE, quanto nə partner di turno che durante l’episodio si renda più o meno complice della perpetrazione degli stessi tramite atteggiamenti, frasi, ecc.


S.O.S Disfunzione Erettile


Un ulteriore, statisticamente frequente, sviluppo degli insegnamenti del patriarcato è che il chiedere aiuto in caso di DE sia categoricamente da escludere; resistenza assolutamente plausibile e comprensibile per chi sperimenta la disfunzione considerando quanto sappia essere giudicante e stigmatizzante una società come la nostra. Ne consegue che la soluzione primaria, invalsa negli anni ’80 ma ampiamente diffusa anche oggi, è il ricorrere a pilloline magiche che risolverebbero il “problema” in tempi da record e via di nuovo in sella sul carro dei “maschi”.

Ahimè, purtroppo, questo non è neanche così veritiero: se i fattori della DE non hanno un’origine strettamente organica relativa alla zona del pene, non è detto che un farmaco da solo funzioni. A ben vedere, in questo modo, non è certamente possibile ottenere alcuna “soluzione” duratura dato che, come detto, le disfunzioni hanno radici molto profonde che necessiterebbero di un intervento ampio, non giudicante e di accoglienza. Più efficace a lungo termine, dunque, potrebbe essere un intervento psicologico e, sicuramente, contribuirebbero a smantellare una serie di falsi e ignobili preconcetti sulla mascolinità, diffusi e moderni insegnamenti in materia di sessualità e affettività rivolti e modulati per ogni fascia d’età.


FONTI


“One patient out of four with newly diagnosed erectile dysfunction is a young man–worrisome picture from the everyday clinical practice”, Paolo Capogrosso, 2013,
International Society for Sexual Medicine; “The global prevalence of Erectile Dysfunction: a review”, Anna Kessler, 2019, BJU International;
“Gli aspetti psicologici della disfunzione erettile” Adele Fabrizi e Marco Silvaggi, 2015, Istituto di Sessuologia Clinica, Roma;
“Maschilità e sessualità”, Chiara Bertone – Università del Piemonte Orientale; Raffaella F. Camoletto – Università di Torino, 2008.

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