Vi siete mai chiestз in che parte del mondo conviene nascere se si è donne? Il report “Global Gender Gap” dell’anno 2020 prodotto dal World Economic Forum ci dà una risposta univoca.
Ma prima facciamo un passo indietro, e capiamo cos’è il gender gap: è il divario esistente tra uomini e donne in diversi ambiti della vita sociale che impattano profondamente sulla vita quotidiana e sul suo svolgimento (come la salute, l’educazione, il lavoro, l’accesso alle attività economiche o politiche).
Per ogni nazione, il report fissa un indice standard del divario di genere, basandosi su criteri economici, politici, di educazione e salute, fornendo conseguentemente una classifica dei Paesi. È stato introdotto nel 2006 con l’intento di monitorare la disparità di genere nel tempo e come monito per progettare misure efficaci per ridurla.
Esso riporta una situazione svantaggiosa per il nostro paese. L’Italia infatti si aggiudica il 76esimo posto nella classifica su 153 Paesi ed è tra gli ultimi posti in Europa.
Nessun paese fino ad oggi ha ancora raggiunto la piena parità di genere.
Possiamo facilmente comprendere che la strada per raggiungerla è ancora molto lunga e tortuosa anche se, paradossalmente – secondo uno studio portato avanti dal GIWPS (Istituto di Georgetown per le donne, la pace e la sicurezza) insieme a PRIO (Istituto per la pace di Oslo) – i paesi tendono ad essere più pacifici e prosperi quando le donne ricevono diritti completi e paritari.
Vediamo, quindi, qual è la situazione nel mondo secondo il report del World Economic Forum.
I Paesi nordici si confermano i migliori:
- Al primo posto troviamo l’Islanda, dove una legge impone alle aziende di elargire lo stesso stipendio a uomini e donne a parità di mansioni.
- Al secondo posto la Norvegia, dove le donne hanno diritto a 35 settimane di maternità pagate effettivamente.
- Terzo posto: Finlandia, paese in cui le donne sono state le prime europee a vedersi cedere il diritto di voto.
- E al quarto posto la Svezia, il paese al mondo con più donne con una carica ministeriale.
I paesi dell’Asia meridionale si confermano invece i peggiori: Repubblica democratica del Congo, Siria, Pakistan, Iraq e Yemen.
Il gender gap interessa diversi campi. L’area in cui le donne sono più gravemente sottorappresentate è l’empowerment politico.
Ad esempio, considerando la somma dei seggi di tutti i parlamenti dei 153 Paesi studiati, solo il 25% di questi sono occupati da donne. Addirittura, in due Paesi (Papua Nuova Guinea e Vanuatu) non vi sono donne coinvolte.
Quando si esaminano i ruoli istituzionali di livello superiore, la presenza di donne si assottiglia al 21% su 3.343 ministrз e in 85 dei 153 paesi, non è mai stata eletta una donna a Capo di Stato.
Anche per quanto riguarda la partecipazione economica si riscontrano grandi dislivelli.
In media, circa il 78% degli uomini adulti rappresenta la forza lavoro, mentre soltanto il 55% delle donne è attivamente impegnato nel lavoro. Solo il 18,2% delle aziende a livello globale sono guidate da una donna.
In molte realtà, le donne sono notevolmente svantaggiate nell’accesso al credito, impedendo loro di avviare un’azienda o di guadagnare in attività finanziarie. Ad esempio, ancora in 72 Paesi donne che appartengono a specifici gruppi sociali non hanno diritto di aprire un conto bancario.
Un ulteriore aspetto di fondo che contribuisce alle disparità finanziarie tra donne e uomini è l’onere sproporzionato delle responsabilità familiari e assistenziali, il cosiddetto “lavoro domestico non retribuito”, che grava principalmente sulle spalle delle donne. Certamente le trasformazioni sociali richiedono molto tempo per verificarsi, ma devono essere accompagnate anche da politiche che offrono soluzioni efficaci, come nidi all’interno delle aziende o l’introduzione del congedo di paternità. Tutto ciò avrebbe un impatto significativo sulle opportunità di carriera delle donne.
Nel campo dell’istruzione sono 35 i Paesi che hanno già raggiunto la piena parità.
Il 90,4% delle ragazze di età compresa tra 15 e 24 anni nel mondo è alfabetizzato, e l’88,2% riceve un’istruzione primaria. A livelli di istruzione più elevati, la partecipazione è ancora relativamente bassa per entrambi i sessi: solo il 66% dз ragazzз sono iscrittз ad un’istruzione secondaria; e solo il 40,6% delle giovani donne sta frequentando l’università.
Come ultimo campo d’indagine, analizziamo salute e longevità: Pakistan, India, Vietnam e Cina sono fanalino di coda sotto questo aspetto, ciò significa che milioni di donne non hanno ancora lo stesso tipo di accesso alla sanità e alle cure mediche rispetto agli uomini. Nonostante questo, è ormai consolidato che le donne tendano a vivere più a lungo in quasi tutti i 153 Paesi, eccetto in Kuwait, Bhutan e Bahrain.
Come si posiziona l’Italia?
In termini di partecipazione ed opportunità economiche ci aggiudichiamo il 177esimo posto, 55esimo nel livello d’istruzione, 118esimo per salute e longevità e 44esimo per ciò che riguarda l’emancipazione politica.
Secondo i dati raccolti, il tasso di occupazione femminile in Italia nel 2019 è ancora molto basso ed è pari al 50,1%, registrando una distanza 17 punti da quello maschile. Si è evidenziato anche che le donne si laureano in percentuale superiore rispetto agli uomini e che il 26,5% è sovraistruita rispetto al proprio impiego.
Per quanto riguarda invece la situazione nell’Unione Europea: il 68,2% delle donne in UE sono occupate, rispetto al 79,2% degli uomini. Il divario retributivo di genere nell’UE si attesta al 16% ed è cambiato solo in minima parte nell’ultimo decennio. Ciò significa che le donne guadagnano in media il 16% in meno all’ora rispetto agli uomini, a parità di mansioni.
FONTI
Global Gender Gap Report 2020, World Economic Forum