Dal 2010 l’Italia è stata incaricata di costruire un Deposito Nazionale per i rifiuti radioattivi, generati da:
- centrali nucleari italiane (non più in funzione da ormai trent’anni);
- dal settore biomedico, industriale e della ricerca.
Esso è necessario perché i depositi utilizzati attualmente sono inadatti. E anche perché – in seguito a una direttiva europea- non è possibile depositarli in modo definitivo all’estero.
Già da molti anni stanno rimandando i lavori, ma forse nel 2021 ci troveremo a un punto di svolta.
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Cos’è il Deposito Nazionale per i rifiuti radioattivi?
Si tratta di un deposito definitivo dove gli incaricati depositeranno i rifiuti radioattivi prodotti in Italia in sicurezza. Il progetto, affidato nel 2010 a SOGIN (Società Gestione Impianti Nucleari) tramite Decreto legislativo 31/2010. Esso prevede la creazione di un deposito. E anche la realizzazione di un Parco Tecnologico nel quale si terranno attività di ricerca.
Stoccaggio dei rifiuti
Per lo stoccaggio, racchiudono i rifiuti radioattivi in più “barriere”:
- Manufatto: strutture cilindriche costituite da contenitori metallici contenenti i rifiuti.
- Modulo: strutture in calcestruzzo contenenti i manufatti, assicurano la loro resistenza per oltre 300 anni.
- Cella: ogni cella contiene diversi moduli e anch’esse possono resistere fino a 300 anni.
- Collina multistrato: struttura artificiale che ricopre le celle. Costituita da strati di diversi materiali. Essi permettono -tra le varie cose- l’isolamento dall’acqua.
Deposito Nazionale per i rifiuti radioattivi: perché serve?
A seguito al Referendum del 1987 sull’uso dell’energia nucleare, ogni centrale è entrata in fase di “decommissioning” (smantellamento). I manufatti -prodotti per attività di ricerca e biomediche e dall’esercizio delle centrali- sono al momento conservati all’interno di appositi depositi. Questi depositi sono presenti in ogni ex-sito (tecnica del brown-field). I siti tuttavia sono temporanei e devono essere anch’essi smantellati per portare a termine il decommissioning delle centrali. Oltretutto una direttiva europea (2011/70) prevede che la sistemazione definitiva dei manufatti avvenga nel paese in cui sono stati generati.
Dove verrà costruito?
SOGIN ha dovuto redigere la CNAPI (Carta Nazionale Aree Potenzialmente Idonee) tenendo conto di criteri di esclusione e approfondimento. Per esempio:
- Criteri di esclusione: zone ad alto rischio vulcanico, sismico, di frana. Tra i 20 e i 700m e a più di 5km dalla costa. Distante da insediamenti civili, industriali e militari
- Criteri di approfondimento: essi convalidano o escludono le aree prese in considerazione dopo aver applicato i criteri di esclusione. Tra essi vi sono la presenza di habitat e specie animali a rischio. Oppure presenze agricole e la disponibilità di reti di trasporto.
Cosa sta succedendo? A che punto si trova la costruzione di un Deposito Nazionale per i rifiuti radioattivi?
Dopo aver trasmesso la CNAPI all’agenzia preposta (ISPRA) ad inizio 2015, hanno avviato le verifiche con anche il ministero dell’ambiente. A febbraio 2018, SOGIN ha inviato una nuova proposta, approvata poi da ISPRA. A luglio 2020, il sottosegretario al Ministero dell’Ambiente ha affermato che la CNAPI è sotto analisi dell’ISIN rispetto alla sismicità delle aree.
Al momento la CNAPI non è di dominio pubblico, non essendo ancora stata approvata. Successivamente avvieranno una fase di consultazione pubblica. Il Ministero dello Sviluppo Economico ha affermato che con i fondi europei verrà costruito il deposito tra il 2021 e il 2026. Per questo si presume che la CNAPI verrà pubblicata a breve.
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