Pensate al fiume Tigri, di cui tanto ci hanno parlato alle scuole elementari, ad ampie pianure pressoché incontaminate, qualche montagna ed un clima arido. E’ questo il panorama che ci si presenta davanti nella regione autonoma del Rojava, nel nord della Siria. La popolazione è composta principalmente da uomini curdi e donne curde, uno dei più grandi gruppi etnici privi di un territorio nazionale.
Il Rojava si è dichiarato indipendente durante la guerra civile siriana del 2012, a seguito della ritirata del governo siriano da tre zone a popolazione prevalentemente curda: Ğazīra, Kobani e ‘Afrīn.
L’autodifesa è uno dei principi fulcro della società del Rojava, sia a livello individuale che nazionale.
Sono presenti infatti milizie, come il PKK (Partito dei lavoratori del Kurdistan) e il YPG (Unità di protezione popolare), la maggioranza dei quali comprendono sia uomini che donne.
L’eccezione è il YPJ, acronimo che significa “Unità di protezione delle donne”, composto da sole donne combattenti.
Nato nel 2013, il gruppo di donne curde è stato fondamentale per molte vittorie militari.
In Italia le notizie sulla situazione in Rojava circolano difficilmente, ci troviamo spesso davanti ad un silenzio interrotto solo sporadicamente da notizie approssimative e spesso negative, come per esempio la persecuzione giudiziaria verso i/l* volontar* di ritorno dalla Siria.
Emblematico il recente caso di Maria Edgarda Marcucci, condannata a due anni di sorveglianza speciale poiché ritenuta un possibile pericolo sociale in virtù della sua militanza nei gruppi armati a sostegno dello YPG.
Le donne hanno infatti questo vantaggio nella lotta contro l’Isis: I/l* membri del Califfato hanno paura di essere uccis* da una di loro.
Essere uccisi da una combattente proibirebbe alle donne curde (secondo le proprie credenze) l’ingresso in Paradiso.
Nella lotta al Califfato, le donne curde non rischiano soltanto la morte: l’Isis spesso istituisce veri e propri mercati di schiave, in cui vengono vendute le donne catturate.
Tra gli avvenimenti più importanti, citiamo l’offensiva lanciata dall’esercito turco e milizie filo-jihadiste ad ottobre 2019 nei confronti della popolazione curda.
Si è trattato di una vera e propria pulizia etnica, non solo verso la popolazione curda ma anche verso altre minoranze religiose, tra cui la popolazione cristiana.
Amnesty International ha parlato di mancanza di rispetto per la vita de* civili, violazioni e crimini di guerra, attacchi mirati contro armeni e cristiani a cui venne impedito di accedere alle proprie terre, provocando una vera e propria crisi umanitaria.
Tra le reazioni che l’opinione pubblica ha avuto nei confronti del movimento è importante segnalare soprattutto che grazie alla risonanza mediatica che il gruppo ha avuto, oltre a donne e ragazze arabe e yazide, anche molte donne occidentali si sono unite nel corso degli anni all’YPJ.
Inoltre, Il fumettista italiano Zerocalcare ha scritto la graphic novel “Kobane Calling”, dove racconta il suo incontro con le soldatesse dell’YPJ e con la comandante in capo Nasrin Abdalla nel corso dell’assedio di Kobane.
Qual è la situazione attuale con il Coronavirus?
La guerra e l’isolamento politico hanno inevitabilmente reso il nord-est della Siria vulnerabile al Coronavirus.
I numeri conosciuti non possono darci un quadro reale della situazione, poiché in Rojava non ci sono abbastanza strumenti che permettano di poter tenere sotto monitoraggio la popolazione.
Recenti incursioni turche hanno anche causato ingenti danni alle infrastrutture sanitarie della regione ed hanno aumentato il numero de* sfollat* e de* contagiat*.
Il Governo Erdogan ha inoltre tagliato l’approvvigionamento idrico, privando numerose famiglie dell’acqua necessaria per la corretta igiene che aiuta a prevenire il contagio.
Nei pochi ospedali rimasti mancano i farmaci ed i posti letto delle terapie intensive sono limitati.
FONTI
– www.dirittiglobali.it
– www.opendemocracy.net
– www.rojavainformationcenter.com
– www.orizzontipolitici.it
– www.ecointernazionale.com
– www.thesubmarine.it
– www.repubblica.it
– Film documentario “I am the revolution” di Benedetta Argentieri
– Zerocalcare, Kobane Calling¸ Milano, Bao Publishing, 2016.