TRIGGER WARNING: violenza, abusi sessuali, morte, case magdalene
Nel 1993, l’ordine delle “Suore di Nostra Signora della Carità” di Dublino decide di vendere una parte di un loro istituto, con annesso terreno adiacente, a un imprenditore immobiliare.
Iniziano i lavori di ristrutturazione che portano alla luce una verità agghiacciante: la proprietà è piena di cadaveri.
Più di 150. Tutte donne. Scoppia uno scandalo nazionale, al quale le Suore rispondono dicendo che quei resti appartengono alle “penitenti”.
Per conoscere la loro storia bisogna tornare indietro fino alla metà dell’Ottocento.
In quel periodo, in Inghilterra e in Irlanda, nascono le cosiddette “Case Magdalene”.
Il loro nome fa esplicito riferimento a Maria Maddalena che, secondo la tradizione cattolica, si pentì dei suoi peccati e divenne una fedele seguace di Gesù.
Nati come “istituti di redenzione”, le case Magdalene divennero luoghi di violenze, maltrattamenti e abusi sessuali, psicologici e fisici da parte di suore e preti.
Nel corso dei 150 anni di storia di queste istituzioni, furono circa 30.000 le donne obbligate a vivere in un clima di sottomissione e in isolamento.
L’ultima delle Case Magdalene fu chiusa soltanto nel 1996, ben tre anni dopo la scoperta delle fosse comuni.
Nonostante la vergognosa vicenda fosse ormai diventata di dominio pubblico, il governo di Dublino ha cercato di eludere le responsabilità dello Stato, dichiarando che gli istituti erano gestiti interamente da privati.
Soltanto nel 2001 riconobbe che le donne ospitate furono vittime di abusi.
Nel frattempo era nata un’associazione in difesa delle vittime: Justice for Magdalenes.
Questa presentò il caso al Comitato delle Nazioni Unite, accusando Stato e Chiesa di violazioni dei diritti umani e di torture.
Dopo la sentenza dell’ONU, fu dato un risarcimento in denaro alle sopravvissute.
La Chiesa cattolica, però, non si è mai presa la responsabilità per l’accaduto, negando anni di violenze, soprusi e privazioni nelle case Magdalene.
“Dicevano che era peccato essere vanitose, che non bisognava far svolazzare i capelli, che era peccato guardare il proprio corpo, le suore insegnavano questo”.
Testimonianza di Phyllis Valentine, donna rinchiusa in una delle Case Magdalene perché considerata “troppo carina”.
Irlanda, 25 settembre 1996 chiude l’ultima delle Case Magdalene.
Questi istituti femminili, nati nell’Ottocento e gestiti da suore, ospitavano donne ritenute “immorali”, per via della loro condotta “peccaminosa” o in contrasto con i pregiudizi della società dell’epoca.
A cosa servivano?
Lo scopo iniziale era quello di accogliere le donne che volevano interrompere il loro lavoro di prostituzione in strada, dando loro un luogo in cui stare e aiutandole a trovare un nuovo impiego.
Ben presto, però, le cose cambiarono: le “penitenti” erano costrette a lavorare come lavandaie con turni massacranti, trattando abiti di preti, privati e carcerati tra i vapori bollenti, spesso ustionandosi e senza ricevere alcuna retribuzione.
Nella maggior parte dei casi, le donne erano segregate all’interno degli istituti contro la loro stessa volontà e con la complicità delle famiglie, preoccupate di mantenere integro il loro onore.
Quando venivano introdotte nelle Case Magdalene, venivano ribattezzate con un nome cattolico e ricevevano l’ appellativo “maggies” sulla falsariga del nome di Maria Maddalena.
Le suore attuavano severe regole e duri provvedimenti per scoraggiare la volontà delle donne ad abbandonare gli istituti e, allo stesso tempo, per “motivarle alla penitenza”.
Tra le cause di inserimento in questi istituti non vi era soltanto la prostituzione, ma anche il fatto di essere una madre nubile, di essere considerata troppo brutta o troppo bella, di essere stata vittima di uno stupro.
Le dure condizioni lavorative, le rigide regole imposte dalle suore, gli stupri, le violenze e i maltrattamenti fisici e psicologici da parte dei preti furono i motivi che portarono alla nascita di feroci critiche alle Case Magdalene.
Le donne rinchiuse non potevano andarsene mai, pena l’inserimento nella lista delle ricercate dalle forze di polizia.
Insomma, queste “case” erano in realtà delle prigioni vere e proprie da cui era difficilissimo evadere, perfino da morte.
Il documentario “Sex in a Cold Climate” del 1998 raccoglie le testimonianze di alcune donne rinchiuse nelle Case Magdalene, mettendo in luce gli abusi fisici e psicologici perpetrati sia dalle suore che dai preti.
“In Irlanda, a quei tempi, la Chiesa era regina assoluta. La Chiesa aveva sempre ragione. Non si poteva criticare un prete e neanche le suore”.
FONTI
“The Magdalene Sisters”, film di Peter Mullan, 2002;
“Sex in a Cold Climate”, documentario di Steve Humphries, 1998;
“Do Penance or Perish: A Study of Maddalene Asylums in Ireland”, Finnegan, F., 2001.