La sanità calabrese è commissariata da più di dieci anni. È in crisi profonda da tempo: manca di strutture, personale e fondi, ed è costantemente sotto osservazione per sospette e avvenute infiltrazioni mafiose. La pandemia da coronavirus ha aggravato la situazione.
Mentre la prima ondata non è stata particolarmente grave, i contagi di ottobre hanno messo a rischio il sistema: nonostante i pochi casi registrati, la Calabria è diventata zona rossa con il DPCM del 3 novembre 2020. È diventata zona arancione solo il 29 novembre, e le gravi carenze ospedaliere prospettano la zona gialla come un’utopia lontana.
Il ruolo di Commissari* alla sanità della Calabria è stato portato alla ribalta dalle numerosissime e fallimentari nomine che si sono susseguite durante lo stesso mese di novembre.
Alle dimissioni dell’ex Commissario Cotticelli, è seguita la rinuncia di Zuccatelli, in seguito alle rivendicazioni del collettivo @fem.in_cosentineinlotta, che si sta impegnando sul territorio per ottenere la riapertura degli ospedali chiusi a cui si è preferita l’apertura di un ospedale da campo. Si sono susseguite altre nomine, per terminare nella più recente e (per ora) definitiva, che vede come commissario Guido Longo, affiancato da Gino Strada e @emergency.ong.
Ma la situazione della sanità calabrese rimane gravemente deficitaria, soprattutto se messa in confronto con la sanità delle altre regioni.
Perché la sanità in Calabria è commissariata?
Il commissariamento della sanità calabrese va avanti da più di un decennio. È la regione italiana col peggior sistema sanitario, in cui i posti letto sono quasi dimezzati nel giro di dieci anni e che manca di medici, infermier* e OSS. A questa situazione si aggiungono le infiltrazioni della criminalità organizzata, causa dello scioglimento dell’azienda sanitaria di Reggio Calabria nel 2019.
L’ultima proroga al commissariamento è stata decisa a inizio novembre, e la data di fine è stata spostata al 2023.
La regione è stata messa sotto tutela per la prima volta nel 2010: insieme al Molise, è l’unica regione ad affrontare un periodo di commissariamento così lungo.
Cosa è successo con il coronavirus?
Se durante la prima ondata della pandemia COVID-19 i numeri del contagio in Calabria sono rimasti relativamente bassi, non si può dire lo stesso della seconda ondata. Così come in altre regioni del Sud, la crescita dei contagi registratasi tra ottobre e novembre è stata di gran lunga più grave rispetto a quella di marzo.
Il piano Covid predisposto a giugno dalla Regione non è stato attuato. Avrebbe previsto la riorganizzazione di ospedali e pronto soccorso, l’aumento del personale e l’incremento dei posti di terapia intensiva: i 146 posti presenti sarebbero dovuti diventare 280.
La decisione contenuta nel DPCM del 3 novembre di far diventare la Calabria zona rossa è dovuta principalmente a questa carenza strutturale. L’effettivo ritorno in lockdown è stato deciso nonostante i pochi casi e l’occupazione di una ventina di posti di terapia intensiva.
Nonostante l’incidenza dei casi fosse relativamente bassa, il sistema ospedaliero non è riuscito a reggere comunque.
Il contact tracing era già saltato, complici i pochissimi laboratori che permettevano di elaborare i risultati dei tamponi e le lunghe attese. Intanto, molte strutture avevano già chiuso agli interventi non emergenziali e alle visite di routine, per mancanza di posti letto e di personale, tutti reindirizzati ad affrontare l’emergenza sanitaria.
Il gioco delle tre carte o dei tre commissari
Anche trovare un* commissari* alla sanità adeguat* è stata una sfida.
Cotticelli, ex-commissario della sanità calabrese, intervistato dal programma di Rai 3 “Titolo Quinto” a inizio novembre, ha esplicitamente detto di non sapere chi dovesse preparare il piano Covid (spoiler: il compito sarebbe stato suo). Dopo la richiesta di dimissioni da parte del Presidente del Consiglio, il Governo si è fatto carico di scegliere un* nuov* Commissari*.
Il 7 novembre la scelta è ricaduta su Giuseppe Zuccatelli. In pochi giorni è riaffiorato un video girato a maggio in cui Zuccatelli esplicita al collettivo femminista “FEM.IN. Cosentine in Lotta” che le mascherine non servono, e che per infettarsi servirebbe “baciarmi per 15 minuti con la lingua in bocca”.
Il 16 novembre, in seguito alla rinuncia di Zuccatelli, è stato nominato Eugenio Gaudio. Anche quest’ultimo ha rinunciato all’incarico, sostenendo che la moglie non avesse intenzione di trasferirsi a Catanzaro.
Intanto aleggiava nell’aria il nome di Gino Strada, fondatore di Emergency, come possibile commissario. Spirlì, Presidente facente funzioni della Regione, a questo proposito ha dichiarato che in Calabria “non servono medici missionari africani”.
Quindi il Governo ha proposto la posizione di Commissari* ad Agostino Miozzo, che ha rifiutato in quanto aveva chiesto il ritorno in servizio altrove.
La scelta definitiva è stata Guido Longo, ex prefetto catanese ma che ha da sempre operato in Calabria: ha stilato un piano in 26 punti per la ripresa della sanità calabrese, sia nello scenario della pandemia che a monte. E ha anche cercato il dialogo con Gino Strada, che già opera sul territorio con delega speciale del Governo.
FONTI
https://www.ilsole24ore.com/art/in-zona-rossa-e-commissariata-corto-circuito-calabria-ADeKVP0
https://www.agi.it/cronaca/news/2020-11-29/calabria-sanita-compiti-commissario-longo-10468602/
https://www.repubblica.it/politica/2020/11/28/news/calabria_sanita_guido_longo_intervista-276186499/