Il mondo moderno non perde occasione per ricordarci in ogni momento ciò che potremmo fare e che non stiamo facendo: andare a mangiare in un ristorante all’ultima moda, fare rafting tra le rapide, fare una passeggiata per gli Champs-Élysées e, perché no, sposarci mettendo su famiglia con tre figli e un cane il prima possibile. Questa paura ha un nome: Fear of Missing Out (FOMO).
Ci basta guardare il cellulare per essere proiettati nelle vite di altre persone che sembrano sempre felici, realizzate, al top della loro vita e/o carriera.
La nostra è una cultura in cui la “paura di perdersi qualcosa” (FOMO) sembra essere inevitabile
Quella sensazione di ansia che deriva dall’idea di essere lasciat* indietro o di essere tagliat* fuori da qualcosa di importante è ciò che Andrew Przybylski ha definito FOMO (fear of missing out).
La FOMO, che spesso va a braccetto con insicurezza e scarsa autostima, ha come conseguenza il costante confronto della propria vita con (solo) i tratti salienti di quella altrui. Così come essi vengono riproposti al pubblico.
Da questa competizione per dimostrare chi sia il/la più felice, è possibile uscirne disorientat*. Fino al punto di considerare “normale” una vita composta esclusivamente da momenti idilliaci.
La sedimentazione di questa idea porta a ritenere che, se non si vive in prima persona una vita idilliaca, è perché si sta in qualche modo rimanendo indietro rispetto ad altr*
Frasi tipiche di chi soffre di FOMO
“Cosa mi manca?”
Oppure:
“Cos’ho che non va?”
E ancora:
“Cosa ho sbagliato?”
“Sono indietro?”
“Come posso rimediare?”
Queste domande rischiano di diventare sempre più frequenti e intrusive fino a generare un costante stato di tristezza, ansia, isolamento sociale e paura.
Si fa largo la convinzione che da qualche parte ci siano persone “elette” attraenti, interessanti, straordinarie che stiano vivendo la vita che dovrebbe essere nostra e che se solo riuscissimo a partecipare ai loro eventi o a diventare come loro la nostra esistenza sarebbe finalmente libera da ogni preoccupazione o infelicità.
Ma cos’è che scatena la FOMO
Come suggerito, tuttavia, ciò che ci arriva è una selezione stereotipata di momenti felici e avvincenti. In verità, accanto ad essi ce ne sono tanti altri non così glamour, non così avventurosi e spesso tremendamente infelici.
Insomma, ciò che ci viene propinato come realtà spesso non lo è. Questo è un assioma che deve essere assolutamente tenuto presente quando si ha l’istinto di confrontare le vite altrui alla propria.
Cosa può aiutare nei casi FOMO
1 – Cambiare il focus della propria attenzione
Evitando trigger che possono innescare una sensazione di disagio: per esempio si può decidere di aggiungere al proprio feed solo influencers che decidono di mostrarsi al 100% in tutti i momenti della loro vita, siano essi felici o tristi;
2 – Cercare più connessioni reali
Chiamando o passando del tempo con amic*: fare con loro qualcosa di totalmente ordinario, spesso può essere un toccasana;
3 – Concentrarsi sulla gratitudine
Soffermandosi sull’abbondanza di ciò che si ha: in questo modo tende ad essere meno rilevante quello che manca. Avere gratitudine per la propria, anche se piccola, fortuna fa star bene noi e chi ci circonda.
È bene ricordare che essere “ordinar*” non esclude l’esistenza di altre fantastiche e apprezzabili qualità.
Allo stesso modo, i titoli accademici non sono necessariamente indicatori di intelligenza sovrumana.
L’essere popolari non significa essere necessariamente interessanti: potresti avere conversazioni molto profonde e stimolanti anche con tu* cugin* di 6 anni o con l’autista del bus che prendi per andare a scuola o a lavoro.
La verità è che, sì, effettivamente ci perdiamo cose di estrema importanza, ma ciò accade proprio nel momento in cui ci affrettiamo ad inseguire o a ricercare la felicità altrove rispetto al momento e al luogo in cui siamo.
Frasi per contrastare la FOMO
“Non ti manca nulla”
Ripetiti che:
“Non hai niente che non va”
O anche che:
“Non hai sbagliato nulla”
Oppure che:
“Non sei indietro”
E infine che:
“Non devi rimediare a nulla”
Il primo a studiare il fenomeno della FOMO (fear of missing out) è stato Andrew Przybylski, ricercatore della Oxford University, che l’ha definito come “uno stato di ansia sociale, dato dal bisogno di essere sempre informati su tutto ciò che stanno facendo gli altri e dalla preoccupazione eccessiva e ossessiva che gli altri facciano esperienze gratificanti nelle quali non si è presenti o coinvolti direttamente”.
La “paura di perdersi qualcosa” non è, al momento, una patologia riconosciuta al livello clinico ma la sua presenza si ritiene possa acuire una pregressa condizione di ansia o depressione.
Przybylski ha sottolineato come questo fenomeno non sia in realtà del tutto nuovo: secondo il ricercatore da sempre l’essere umano avverte la paura di essere escluso da qualcosa di più grande o di migliore. Per intenderci, anche negli anni ’90 non essere invitat* al compleanno del* compagn* di classe non era proprio il massimo. L’unica differenza rispetto al passato è che oggi la vita altrui è a portata di click, esposta in vetrina minuto per minuto. Dunque, la possibilità di accesso immediato a queste realtà alternative in cui non si è presenti, ha fatto sì che la FOMO progredisse in maniera esponenziale.
Gli studi, per lo più americani, hanno inoltre evidenziato che essa sia molto più frequente nei giovani, soprattutto maschi, e nelle persone con scarse capacità attentive.
Tale combinazione, assieme alla voglia di connettersi al resto del mondo, oltre che alla propria rete amicale, fa dei social network un luogo in cui si possa facilmente perdere contatto con la realtà, abbandonando le proprie attività quotidiane pur di inseguire una gratificazione apparente e immediata.
È comunque opportuno sottolineare che i social network non sono di per sé uno strumento del demonio: essi acquisiscono una funzione problematica solo nel momento in cui se ne fa un utilizzo incorretto. Accedervi ogni minuto della giornata per controllare chi sta facendo cosa e dove, è un chiaro esempio di uso problematico.
FONTI
“How to Deal With FOMO in Your Life. The Origin of FOMO and How It Affects Our Health” – Elizabeth Scott, MS, verywell
“Siamo l’esercito del selfie… ma perché? La FoMO come predittore dell’uso problematico dei social” – Elena Mazzieri, https://www.stateofmind.it/“Fomo e nomofobia, la paura di essere tagliati fuori dalla rete” – Dott.ssa Giulia Gabelli, Istituto A.T. Beck