Oltreoceano se ne parla già da diversi anni. In Italia, invece, il termine “micro aggressioni” ha iniziato a circolare solo in tempi abbastanza recenti.
Cosa sono le micro aggressioni?
Tentare di elaborare una definizione universalmente valida non è così semplice. Il contenuto di tale fenomeno, infatti, non può prescindere da una grossa componente soggettiva.
Il termine “microa ggressioni” è stato coniato negli anni ’70 dallo psichiatra americano Chester Pierce per indicare, tendenzialmente, un “leggero” e spesso involontario atto di bigottismo o discriminazione nei confronti di una persona per via di alcune sue caratteristiche specifiche (genere, età, etnia, aspetto, taglia, orientamento sessuale, classe o altro fattore).
Si tratta in sostanza di commenti o comportamenti diffusi e casuali che non si possono definire propriamente “d’odio” (anzi alle volte vengono posti in forma di complimento), ma che portano con sé alcune implicazioni stereotipiche o giudicanti, la cui entità può essere diversamente percepita a seconda di chi ne sia destinatario.
Una delle caratteristiche principali delle microaggressioni è quella di essere spesso non esplicite, il che le rende particolarmente insidiose da riconoscere. Se ne siamo destinatari ci possono ferire senza che ce ne accorgiamo o se siamo noi stessi a metterle in atto non cogliamo il messaggio, ad esse sotteso, che stiamo inviando.
Proviamo a vedere alcuni esempi, con la rinnovata specificazione che non esiste un catalogo sempre vero e oggettivamente assoluto di “frasi inappropriate”.
Micro aggressioni razziali
«Posso toccarti i capelli?»
«Non sembri una persona nera dalla voce»
«Parli molto bene l’italiano»
Questo tipo di frasi, apparentemente innocue, da un lato sottolineano quanto si sia estranei e sbalorditi dalla diversità propria di una etnia e, dall’altro, inviano implicitamente il messaggio che un uomo o una donna neri, anche se nativi italiani, non possano essere normalmente in grado di parlare la nostra lingua correttamente.
È un esempio di microaggressione anche il caso in cui al passaggio di una persona nera o dell’est-Europa o di altra etnia, si controlli o si chiuda la borsa o il portafoglio.
Micro aggressioni di genere
«Guarda come guida, è sicuramente una donna!»
«Ci penso io, questo è un lavoro da uomini!»
«Perché piangi? Non fare la femminuccia!»
«Ma come? Un uomo che ha paura degli insetti?»
«Non sembri trans!»
Tali commenti sono tutti connessi a quel binarismo di genere così radicato nella nostra società tanto da identificare il sesso biologico con l’intero modo di essere di una persona. Spesso è in questo ambito soprattutto che si incontrano fenomeni di interiorizzazione del disagio per cui, ad esempio, nei casi più estremi alcune donne potranno non avere mai sicurezza in sé per mettersi alla guida, alcuni uomini a lungo andare perderanno contatto con la propria sfera emotiva e una persona transessuale potrebbe arrivare a valutare sé stessa in relazione a quanto rispecchi o meno i canoni cisgender.
- Microaggressioni legate all’orientamento sessuale
«Ma chi fa l’uomo e chi la donna?»
«Ah sei lesbica? Io ho un’amica lesbica che posso presentarti!»
«Che gay!»
«Che spreco che sia omosessuale!»
In questo caso si passa dal cercare di forzare una relazione omosessuale negli “abiti” di una relazione eteronormativa ( come se in questo modo fosse più accettabile ), all’identificare persone complesse nel loro orientamento sessuale per cui, avendo quello in comune, sono fatte per stare insieme, fino ad arrivare agli appellativi di uso comune negli scherzi goliardici tra amici i quali fanno passare l’idea che l’orientamento di una persona sia qualcosa di cui prendersi gioco.
- Microaggressione legata all’aspetto fisico
«Il modo in cui convivi con la tua disabilità è stimolante!»
microaggressione legata all’abilismo
Dovresti mangiare meno carboidrati»
«Dovresti mangiare di più!»
- Microaggressione legata alla salute mentale
«Sei triste? Per così poco! Non ci pensare!»
«Stai esagerando!»
- Microaggressione legata all’età
«Sei troppo giovane per capire»
«Cosa ne sa la tua generazione di internet!»
- Microaggressione legata all’estrazione sociale
«Oh, non sei mai stato fuori dall’Italia? Dovresti»
«Non pensavo vivessi in un quartiere così ricco»
Il tema delle microaggressioni porta con sé una scia di strenui promotori e altrettanto accaniti detrattori. Certo è, che si tratta di un argomento dai confini ancora sfumati il quale, se da un lato si propone l’obiettivo di sviluppare una certa sensibilità nei confronti “dell’altro da noi”, dall’altro lato attiva diversi campanelli d’allarme settati su “dittatura del pensiero” o “vittimismo sociale”.
I popoli antichi dicevano “in medio stat virtus” e in molte occasioni questo si rileva un brocardo molto utile per la decodificazione della realtà circostante.
La chiave di lettura del fenomeno, infatti, non sta nell’intenzionalità del commento, né nell’autocensurarsi per timore di offendere.
“Sbagliare e dire cose fuori luogo è quasi impossibile da evitare”
ha riferito la psicoterapeuta @sara_psicologiabenessere e il punto focale è proprio questo: nessun* è ancora immune dai pregiudizi. Essi persistono a qualche livello dentro di noi, per quanto possiamo sforzarci di imparare e di essere inclusivi. Dove sta però la differenza?
Nel prestare attenzione all’Altro e alle sue reazioni oltre che nel saper ammettere l’errore anche se “innocentemente” commesso. Quanto questo sia un sacrificio per la propria libertà di espressione, rapportato al potenziale malessere arrecato ad una persona, possiamo al momento dire essere a discrezione del singolo individuo.
Sicuramente in alcuni casi le microaggressioni non vengono riconosciute in quanto tali nemmeno dai medesimi destinatari che possono arrivare ad interiorizzarle e crederle verità. All’opposto, quando invece esiste la consapevolezza, il rischio è quello di accumulare nel tempo rabbia e insicurezza fino ad arrivare a non tollerare più “l’ingenuità” del mittente.
Anche in questi casi, cercare di predeterminare quale sia la reazione migliore manca un po’ l’obiettivo del discorso. Tuttavia, volendo rifarci a parole di personaggi autorevoli, il consiglio del professore statunitense di origine cinese D.W. Sue è quello di rispondere alle microaggressioni con “microinterventi” che le disarmano e fanno capire quanto ciò che si è detto fosse fuori luogo
(es. «Parla molto bene l’inglese» – «Lo spero bene, visto che sono nato qui».)
FONTI:
https://www.ilpost.it/2020/07/04/microaggressioni
https://www.businessinsider.com/microaggression-unconscious-bias-at-work-2018-6?IR=T
https://www.wikisessualita.org/wiki/Microaggressione
“Disarming Racial Microaggressions: Microintervention Strategies for Targets, White Allies, and Bystanders” – Derald Wing Sue
“Microaggression: More Than Just Race” – Derald Wing Sue