Chile Despertò? Oggi è una giornata che rimarrà impressa nella storia per il Cile e i/le cileni sparsi per il mondo. Oggi sono usciti i risultati del referendum che chiede la modifica della costituzione (di Pinochet) e dell’elezione di un’assemblea costituente. Il Referendum ha vinto con più del 77% dei voti! Ora parliamo un po’ del perché siamo arrivati a questo importante voto.
Dallo scorso 18 ottobre 2019 in Cile è scoppiata una vera e propria rivolta sociale contro il governo del presidente Piñera, che ha risposto affidando la repressione di queste manifestazioni pacifiche all’esercito. Immaginate un paese dove i soldati puntano le armi contro i/le propr* compatriot*, colpevoli solo di essere scesi in piazza a manifestare per i propri diritti.
Il presidente Piñera, nel giustificare l’intervento dell’esercito ha definito la situazione cilena attuale uno stato di guerra.
Eppure in guerra i/le ferit* ed i morti solitamente si distribuiscono nei due opposti schieramenti, mentre in Cile tutte le vittime sono in un unico fronte, quello del popolo. E neanche in guerra i crimini perpetrati dal governo cileno sarebbero tollerabili. Nei mesi di scontri, infatti, ci sono stati morti, feriti, disordini ed una plateale e sfrontata violazione dei più basilari diritti umani: arresti illegali, processi sommari, torture, violenze sessuali, persone scomparse, soccorritor* aggredit* e un numero impressionante di mutilazioni oculari.
Quest’ultimo fenomeno è quello più toccante della vicenda. Centinaia di manifestanti, infatti, sono stat* attint* dai proiettili di gomma scagliati dai soldati e hanno perso l’uso di uno o di entrambi gli occhi. I proiettili, poi, sono solo formalmente di gomma, perché in realtà sotto il rivestimento esterno racchiudono un’anima di metallo che li rende pericolosissimi e dannosissimi per le vittime.
Ma cosa ha spinto un paese apparentemente tranquillo e benestante come il Cile a scendere in piazza affrontando una repressione così crudele?
E perché in Europa, e soprattutto in Italia, se ne parla così poco? La miccia che ha fatto esplodere la protesta è stato l’aumento di 30 pesos dei mezzi pubblici della capitale, Santiago del Cile. Evidentemente si capisce che questo aumento non può giustificare mesi di proteste, manifestazioni oceaniche (a Santiago sono scesi in piazza 4 milioni di persone) e non può immaginarsi che tutte queste persone scendono in piazza a rischiare la vita, la vista e la libertà per 30 pesos, ossia circa 50 centesimi.
Le ragioni di questa rivolta, sono, evidentemente più profonde e gravi di un banale aumento dei mezzi. Solo chi conosce il Cile può comprendere quanto e quanto a lungo i/le cileni hanno sopportato prima di ribellarsi. In Cile è praticamente assente il welfare. Si valuta che nel 2018 siano morte circa 6.000 persone in attesa di ricevere le cure dal SSN. Chi non ha i soldi per andare a scuola non studia. Chi non ha i soldi per accedere ai mezzi pubblici non si muove. Chi non ha i soldi per l’ospedale muore. In Cile le pensioni sono uguali al 25/30% degli stipendi, la media di uno stipendio è di 500 € per 45 ore di lavoro settimanale .
In Cile esiste una minoranza etnica, i mapuche, discendenti della civiltà precolombiana, che da sempre ha subito ogni tipo di discriminazione dal governo centrale. Anche loro lottano.
In Cile i fiumi, le montagne non appartengono al demanio, ma appartengono a privati. Per quanto possa apparire impossibile a noi occidentali, in Cile non esiste il concetto di acqua pubblica. Sarebbe come se da noi il Po fosse venduto agli Agnelli, il Ticino ai Benetton, l’Adige a Vittorio Feltri, se il Tirreno e l’Adriatico, non le spiagge, ma il mare, fossero di proprietà di Berlusconi e associati. Se le Dolomiti fossero di Luxottica, parafrasando il blogger Rodrigo Andrea Rivas. Le conseguenze di questo fatto sono che i privati possono disporre liberamente dell’acqua. Quindi se il/la proprietari* del fiume che fornisce l’acqua decide che quel fiume deve essere deviato si rimane senz’acqua e gli/le abitanti dovranno pagare per averla a prezzi molto elevati.
In Cile, inoltre, non hanno una costituzione. O meglio, la costituzione cilena è una costituzione soltanto formalmente, perché promulgata dal dittatore Pinochet e perché priva di qualsiasi tutela democratica tipicamente contenuta in una carta fondamentale.
Questi sono i motivi per cui i/le cileni si sono ribellati, e per cui ogni giorno centinaia di migliaia di persone scendono in piazza senza paura. Senza arretrare mentre l’esercito spara. Chiedendo le dimissioni del governo e la convocazione di un’assemblea costituente (e ci sono riusciti). I 30 pesos sono solo l’evento che ha fatto svegliare il cileno, per parafrasare uno dei motti dei manifestanti, Chile despertò. Ora il Cile potrà avere una nuova Costituzione scritta dal nulla, senza legami con i regimi del passato e che sia votata da membri eletti dal popolo.
In pratica, la vicenda cilena, dimostra che un popolo guerriero indomito in mesi di coraggiose proteste può realizzare l’impossibile: sconfiggere un nemico che uccide, rapisce, tortura, accieca e violenta rendendo equo un paese ingiusto ed arrivando a cambiare una costituzione vecchia di 40 anni.
Ed allora perché i giornali italiani non parlano delle conquiste del popolo cileno e delle sue lotte?
La risposta a questa domanda, forse, va individuata nel fatto che il principale proprietario dei fiumi cileni è l’italiana ENEL.
Ed allora, se i giornali per evidenti motivi non possono diffondere queste notizie è bene che i popoli d’Europa conoscano la storia dei cileni e che seguano il loro esempio. Perché come i/le cileni stanno vincendo la loro battaglia allora anche noi europe* possiamo svegliarci e lottare per sciogliere le catene che ci opprimono.
Fonti:
Articolo di Federico Magnante, Interviste ai cileni in Italia e all’estero.