“Il carcere non dovrebbe esistere, perché non raggiunge lo scopo che dice di perseguire”
Clarence Farrow, 1902
Con queste parole, nel 1902, l’avvocato Clarence Farrow discuteva dell’utilità del sistema carcerario, creando un immaginario che più tardi sarebbe diventato la base di un vero movimento.
Oggi, dove non vige ancora la pena di morte, il carcere è la misura più restrittiva e più diffusa per colpire chi compie un reato. In realtà l’istituzione del carcere è il frutto di un processo avviato nel periodo dell’Illuminismo. In quell’epoca si iniziò a rivalutare il modo di punire i colpevoli, auspicando delle pene alternative a quelle corporali. Di fronte a metodi come l’impiccagione, il rogo o la fustigazione si proponevano “metodi più umani”, così fu ideato il sistema carcerario.
Oggi, due secoli dopo, sappiamo che il carcere non è la forma più umana di trattare un colpevole.
Sappiamo che il carcere non è un deterrente per i crimini; non riunisce solo chi ha commesso reati gravi e al suo interno si consumano violenze e torture.
Per questo diventa attuale capire le motivazioni del “movimento abolizionista”. Esso è nato negli Stati Uniti e lì ha ancora la sua base, ma si è diffuso anche in gran parte dell’Europa.
Non solo vuole riformare il carcere. Ha un’ambizione più ampia e radicale: trasformare la società in modo tale da rendere superfluo il ricorso alle prigioni. Per fare questo ha un vero e proprio programma politico i cui punti fondamentali sono
- educazione
- lavoro
- edilizia popolare
- sanitá
Fino a pochi secoli fa i colpevoli o presunti tali venivano sottoposti alla pena di morte o altre pene corporali. Invece oggi l’extrema ratio contro i reati è il carcere. Secondo l’art. 27 della Costituzione italiana la pena detentiva si dovrebbe usare solo in casi estremi:
“Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”
Il carcere rappresenta quindi l’evoluzione del sistema giudiziario penale (perchè introdotto come una “la soluzione umana”), ma anche l’ultima condanna a cui ricorrere.
Eppure oggi la popolazione carceraria è in aumento ed esistono le prove che all’interno delle prigioni, a livello mondiale, avvengono torture e violazioni dei diritti umani.
Sulla base di questa consapevolezza nasce il Movimento per l’abolizione del carcere negli Stati Uniti. Il movimento spiega, fra le altre cose, che il problema delle cattive condizioni e del sovraffolamento nel Paese è diffuso anche nelle carceri federali, non solo in quelle private.
Dagli Stati Uniti il movimento “abolizionista” (richiamo voluto al movimento contro la schiavitù) si è diffuso anche in Europa.
Tra le sue versioni europee risaltano quella inglese e quella norvegese.
In Italia su questo fronte è molto attiva l’Associazione Antigone, che promuove elaborazioni e dibattiti sul modello di legalità penale e processuale del nostro Paese e sulla sua evoluzione, oltre a raccogliere e divulgare informazioni sulla realtà carceraria.
Il carcere oggi non si può considerare una forma di rieducazione, anzi spesso condiziona la vita di chi vi si trova, anche una volta terminata la detenzione. Al carcere si associa lo stigma.
Non è un caso che le strutture carcerarie siano situate ai margini delle città.
Inoltre, si associano al carcere e ai reati condizioni quali degrado e povertà. In questo modo si contribuisce a marcare le disuguaglianze sociali invece che risolverle.
Perché abolire il carcere?
Dietro quella che può sembrare un’utopia c’è un vero e proprio pensiero che analizza la società in quanto sistema. Oltre a esigere una riforma del sistema (carcerario e non) vigente, insiste sulla necessità di cambiare la società. Infatti, cambiando in modo radicale cose come l’educazione, la sanità, l’edilizia pubblica, si diminuirebbero le condizioni per certi tipi di reati.
Il carcere non offre possibilità rieducative ai detenuti che spesso arrivano al suicidio. In Italia, dal 2000 a oggi si sono suicidate in carcere 1065 persone.
Il sovraffollamento è un altro problema: in Italia, ad esempio, le carceri ospitano oltre 60mila persone ma hanno una capienza di appena 50mila.
Un altro luogo comune è che il carcere sia necessario perchè raccoglie “persone pericolose”, ma non è così.
Secondo Antigone, nelle carceri italiane solo il 10% dei detenuti ha commesso reati davvero gravi.
Il resto è in carcere per spaccio, piccoli furti e reati del genere.
Chi vorrebbe abolire il carcere ha in mente una società diversa, dove la cella è la soluzione non a tutto, ma solo a reati di estrema gravità. In altre parole, questo movimento considera il carcere come l’ultima spiaggia.
Prima vengono politiche alternative e rieducative. Prima ancora, sono necessarie delle politiche per il benessere della società, per eliminare i crimini alla base e creare un ambiente accogliente per tutt*
Tra le misure pratiche per fare a meno delle prigioni:
- ridurre i limiti massimi di pena
- smantellare la struttura carceraria
- trasferire le risorse finanziarie delle strutture carcerarie al sistema di assistenza sociale
Qualche libro per approfondire la questione:
- “Aboliamo il carcere?” – Angela Davis
- “Sorvegliare e punire” – Michel Foucault
- “Notizie da nessun luogo” – William Morris
- “Città di quarzo” – Mike Davis
- “Punire, una passione contemporanea” – Didier Fassin
- “Golden gulag” – Ruth Wilson Gilmore
- “Fine pena mai” – Gherardo Colombo, Davide Galliani
- “Abolire il carcere” – Luigi Manconi, Stefano Anastasia, Valentina Calderone, Federica Resta
FONTI
Internazionale
Associazione Antigone
Osservatorio sulle condizioni di detenzione in Italia
https://www.intersezionale.com/2020/07/10/il-carcere-analisi-concetto/
Abolire il carcere di Manconi, Anastasia, Calderone, Resta
Associazione Nessuno Tocchi Caino
https://www.intersezionale.com/2020/09/10/carcere-dalla-tortura-al-lavoro-forzato/
https://www.intersezionale.com/rubrica-carceri/
https://www.intersezionale.com/2020/07/10/il-carcere-analisi-concetto/