L’hate speech (o discorso d’odio) è un fenomeno sempre più diffuso online.
Negli ultimi anni è cresciuto anche il dibattito che circonda questa espressione, dividendosi tra chi ritiene la questione un problema legato alla violazione di alcuni diritti e della dignità delle persone e quindi da limitare e regolamentare, e chi invece reputa che online sia necessario mantenere e difendere la libertà di espressione ed opinione.
Amnesty International parla dell’hate speech come un fenomeno diffuso, liquido e pericoloso. Coinvolge infatti molteplici utenti, si propaga velocemente ed è difficile da contenere e conduce a manifestazioni discriminatorie e di intolleranza.
Le categorie di utenti più colpit* sono generalmente donne e persone appartenenti a minoranze, siano esse etniche o religiose.
Trovare una definizione univoca di hate speech è estremamente difficile.
Secondo il Consiglio d’Europa il discorso d’odio riguarda
“espressioni che diffondono, incitano, promuovono o giustificano l’odio razziale, la xenofobia, l’antisemitismo o altre forme di minaccia basate sull’intolleranza — inclusa l’intolleranza espressa dal nazionalismo aggressivo e dall’etnocentrismo —, sulla discriminazione e sull’ostilità verso i minori, i migranti e le persone di origine straniera”
La piattaforma privilegiata per lo studio dell’hate speech è Twitter. In realtà in Italia è poco utilizzato, ma permette libero accesso ai post.
Nel 2019 uno studio italiano ha provato a mappare l’odio razziale, l’antisemitismo e l’omofobia, oltre che i discorsi d’odio contro le donne, le persone con disabilità.
I risultati sono stati tutti geolocalizzati.
- L’intolleranza è polarizzata a Nord e Sud, mentre le regioni del Centro sembrano meno coinvolte.
- L’antisemitismo è più diffuso nel Lazio e nella Toscana
- La misoginia vede la stragrande maggioranza di tweet d’odio.
- L’odio razziale è il più diffuso, con un 32% dei messaggi negativi (+15% rispetto al 2018)
Arianna Ciccone, fondatrice di Valigia Blu, riporta come sia necessario considerare il clima generale e le responsabilità e non solo i singoli tweet.
L’impatto che ha il messaggio di un uomo o una donna di potere è estremamente diverso rispetto a quello di un comune cittadino.
Secondo Ciccone, le responsabilità maggiori le hanno *l* politic* e *l* giornalist*
Una delle questioni più controverse è il fatto che il monitoraggio dei contenuti d’odio sui social è affidata ad algoritmi che non riescono a comprendere molte espressioni umane
Un esempio? Metafore, ironia, errori di battitura/grammaticali e giochi di parole sono difficili da capire per un’intelligenza artificiale
Facebook vieta i discorsi d’odio, ma concede “messaggi con chiari fini umoristici o satirici”.
Twitter non vieta apertamente l’hate speech
È necessario che a controllare i contenuti siano persone in carne ed ossa, con un’adeguata formazione
Grandi aziende come Google o Facebook si affidano ai “deciders” ovvero “coloro che decidono”: un gruppo di persone che devono capire se un certo contenuto è classificabile come libertà di opinione o come contenuto d’odio, violenza e discriminazione
Secondo Amnesty International, le principali vittime d’odio sui social sono
- Donne
- Membri della comunità LGBTQIA+
- Persone con disabilità
- Persone immigrate/minoranze etniche
- Appartenenti a minoranze religiose
Alcune proposte
- Definizioni precise dei termini chiave a livello legislativo (per ogni Paese)
- Limitazioni sulla libertà di espressione secondo la Legge (non si tratta di imbavagliare, ma di rifarsi a Convenzioni Internazionali che tutelano i diritti e la dignità delle persone)
- Interpretazione uniforme delle norme.
- Promozione del dialogo interculturale, del pluralismo, della diversità e della tutela delle minoranze.
- Obblighi di trasparenza per le piattaforme online (criteri di valutazione e provvedimenti adottati).
FONTI
Contrasto all’hate speech online: https://www.amnesty.it/campagne/contrasto-allhate-speech-online/
Ecco le mappe di Vox contro l’intolleranza: http://www.voxdiritti.it/ecco-le-mappe-di-vox-contro-lintolleranza/
Lo Hate speech per i social network: https://www.ilpost.it/2013/05/13/lo-hate-speech-per-i-social-network/
Contrastare l’hate speech online: questioni aperte e alcune proposte: https://www.valigiablu.it/odio-online-europa/