L’istinto materno non esiste!

Parlare dell’assenza dell’istinto materno è ancora un tabù. Dopotutto, nel nostro paese si parla costantemente di calo delle nascite e di #familyday, o dell’ancora più imbarazzante #fertilityday, a ricordare che le donne possono fare ciò che vogliono, ma devono ricordarsi di tenere uno spazio per fare figli, preferibilmente in età giovane, prima che la clessidra della vecchiaia le faccia essere più simili a delle streghe che a madri.

Le sollecitazioni che generalmente vengono date per incentivare le famiglie a fare figl*, sono un ritorno all’idea di una famiglia tradizionale, e un’accusa alle donne che nella società odierna non vogliono averne, ignorando difficoltà strutturali quali la scarsa stabilità economica e la volontà delle singole donne.

L’istinto materno però non esiste. Non si può parlare di istinto, perché questo concetto è stato costruito nel corso della Storia, e in particolare nel 1762, nell’opera “Emilio” di Rousseau. Prima di allora, i figli non venivano cresciuti dalle madri, ma piuttosto allattati ed educati dalle balie. Addirittura, il tasso di mortalità infantile era molto alto, e il legame emotivo tra genitori e figl* molto lontano da quella condizione di famiglia felice che potremmo pensare oggi.

Fin da bambine viene insegnato alle donne che l’amore per *l* figl* è l’amore più bello che possa esistere, che le renderà complete, nonostante gli sforzi del mettere al mondo e accudire un* bimb*, che compenserà la rinuncia ad altri sogni, e arrivando a rendere invisibili i sentimenti di frustrazione, rabbia e paura. 

Il senso di colpa che aleggia intorno a questo tabù è estremamente comune a molte donne che non vogliono diventare madri, e che per questo sono accusate, più o meno implicitamente, di non essere donne complete e di essere “fissate con il lavoro”. Allo stesso modo, questo senso di colpa è fortemente presente in donne pentite di essere diventate madri, la cui voce è resa àfona da una narrazione costante su quanto l’essere genitore possa far sentire realizzata una donna.

La conseguenza sarà che ogni donna dovrà rendere conto dei motivi per cui non vuole o non può avere figl*.

Con l’industrializzazione e la ridefinizione dei ruoli maschili e femminili, gli uomini iniziarono a lavorare in fabbrica e le donne a restare a casa, per cui i figl* venivano accuditi dalla madre che è infine diventata la figura di riferimento per la cura e la crescita de* bambin*.

Spesso tendiamo a pensare ai costrutti sociali come “naturali” soltanto perché il senso comune li ha radicati così profondamente nella nostra mente e nel nostro modo di fare da non necessitare di una ulteriore legittimazione. 

Fin dalla nascita, alla bambina viene instillata la “vocazione della maternità”. La società le dice che deve lavare i piatti, cosa che in realtà non è davvero una vocazione. Per farle lavare i piatti, le viene allora instillata questa idea della vocazione materna. La natura viene utilizzata come scusa per delle azioni e dei pensieri instillati quasi coercitivamente e per imprimere sensi di colpa se non ci si adegua alle richieste imposte dalla società.

il fatto che si possa pensare che una donna capisca più facilmente o comunque più velocemente di cosa il bambino abbia bisogno, molto spesso dipende da fattori come il tempo passato insieme al neonato e all’attenzione posta alle sue richieste piuttosto che ad una ‘capacità innata’ legata all’appartenenza al sesso femminile. Queste attenzioni ai bisogni de* più piccol* vengono sviluppate nell’arco di una vita che dall’infanzia all’adolescenza, insegna alle bambine ad accudire bambole, animali e gli altri membri della famiglia.

Come diceva Simone De Beauvoir, donne non si nasce, ma piuttosto si diventa. Non a caso, la capacità riproduttiva, da più di un secolo non è più in mano alla natura, ma piuttosto alla volontà umana.

Il mondo della donna amorevole non è presente in quanto caratteristica innata del sesso femminile, ma viene ad essere costruito e costantemente confermato dall’esterno, tramite pubblicità, giochi ed espressioni linguistiche, spingendo bambine e giovani donne ad immedesimarsi sempre di più in questi stereotipi. Citando De Beauvoir, “l’istinto materno viene costruito nella bambina fin dal momento del gioco. Fino a quando questo non verrà distrutto, la donna non potrà conquistare nulla”.

FONTI

La realtà come costruzione sociale – Berger, Luckmann e Innocenti

La funzione genitoriale: sviluppo e patologia – Alessandra Simonelli

Emilio, o l’educazione – Jean Jacques Rousseau

Il secondo sesso – Simone de Beauvoir

Dalla parte delle bambine – Elena Gianini Belotti

Le madri “snaturate” non esistono: la bugia dell’istinto materno – Il librario: https://www.illibraio.it/news/dautore/istinto-materno-905349/

L’istinto materno non esiste – Antro di Chirone: https://www.antrodichirone.com/index.php/it/2017/05/31/listinto-materno-non-esiste/

L’istinto materno non esiste – Jennifer Guerra (The Vision): https://thevision.com/attualita/istinto-materno/

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