Negli ultimi 10 – 15 anni gli apicoltori hanno riferito un insolito impoverimento del numero di api e la perdita di colonie, in particolare nei Paesi dell’Europa occidentale, fra cui Francia, Belgio, Svizzera, Germania, Regno Unito, Paesi Bassi, Italia e Spagna.
In America del Nord, la perdita di colonie osservata dal 2005 ha lasciato la regione con il minor numero di api allevate mai registrato negli ultimi 50 anni. Scienziat* american* hanno coniato il termine “sindrome dello spopolamento degli alveari” (Colony Collapse Disorder) o CCD per descrivere questo fenomeno.
I fattori che operano in questo spopolamento sono molteplici e agiscono tra loro o separatamente, tra questi vi sono
- l’agricoltura intensiva
- l’utilizzo di pesticidi
- la scarsa o del tutto insufficiente alimentazione delle api
- virus, attacchi di agenti patogeni e specie invasive
- i vegetali geneticamente modificati
- i cambiamenti climatici.
Anche in questo caso i cambiamenti climatici stanno avendo un’influenza devastante. In Italia ad esempio, durante l’ultimo inverno, le temperature sopra i 15 gradi hanno fatto uscire prima le api dagli alveari, con il rischio che il ritorno del freddo facesse mancare i fiori da cui le api avrebbero prelevato il polline con cui nutrirsi.
Recenti analisi mostrano che, a causa delle modifiche ai periodi di fioritura delle piante, causate dai cambiamenti climatici, tra il 17 e il 50 percento degli impollinatori soffrirà di carenze alimentari e tutto ciò incrementa il reale rischio di estinzione sia di alcuni impollinatori che di alcune piante.
Sono 50 miliardi le api italiane allevate da* apicoltor*, “risvegliate” prima del tempo per le elevate temperature registrate quest’anno.
La quota del nostro cibo che dipende direttamente dall’impollinazione degli insetti è di 1/3. Sono invece 7000 i fiori che in media vengono visitati in un giorno da un’ape.
Ci vogliono 4 milioni di visite floreali per produrre un kg di miele. Ogni anno le api occidentali producono 1.6 milioni di tonnellate di miele
Fonti: Greenpeace, EFSA, FAO